Come i suoi colleghi Simona è in attesa del richiamo in programma per il 18 gennaio
Simona Bacci, infermiera, lavora nel reparto rianimazione di Careggi e ha avuto a che fare con il Covid fin dagli esordi dell’emergenza sanitaria. «Una situazione che ho cercato di vivere senza particolari ansie – spiega – pur facendo assistenza diretta a tante persone e portando addosso tutto il peso di questa esperienza non solo sul lavoro ma anche a casa: ho tre figli e mio marito lavora come anestesista in area Covid». La gestione è stata tutt’altro che semplice: anche per questo dice di essere arrivata “emozionatissima” al “Vaccine Day” dello scorso 27 dicembre. Un’emozione che continua a trasparire anche a diversi giorni di distanza.
L’arrivo del vaccino è stato accolto con entusiasmo?
«Volevo veramente essere una delle prime, anche per essere un riferimento per i miei ragazzi che mi hanno incoraggiato e mi hanno accompagnato nel giorno della vaccinazione. Questo, è bene saperlo, è l’inizio di un percorso lunghissimo ma la speranza è tanta e sento di essere dalla parte giusta».
Questo è l’inizio di un nuovo percorso ma guardando indietro cosa vede?
«Una grande ferita. Io cerco sempre di essere ottimista, di guardare al lato positivo e pensare che anche quando le cose non vanno per il verso giusto il mio lavoro sia servito a qualcosa. La cosa incoraggiante, su cui cerco di concentrarmi, è che insieme a tutte perdite ci sono stati anche tanti grandi successi. Ogni volta che una persona torna a respirare da sola per noi è un successo».
Fisicamente com’è andata?
«Solo una lieve pesantezza del braccio come per il richiamo dell’antitetanica che ho fatto nei mesi scorsi. Non ho avuto nessun tipo di sintomatologia… a parte un’immensa gioia».
Dopo essere stata in prima linea in ospedale, lo è stata anche al momento della vaccinazione…
«Ho voluto essere d’esempio non solo per la mia professione, perché sono un’infermiera, ma anche come cittadina. Ero contenta di essere lì, orgogliosa di rappresentare mia figura all’interno del reparto rianimazione. E di poter contribuire ad educare tutti gli altri anche solo attraverso l’esempio. Ho combattuto tanto e credo sia nella vaccinazione che nell’essere d’esempio per la comunità».
Qual è l’atteggiamento dei suoi colleghi verso il vaccino?
«I colleghi sono molto provati dall’esperienza e sono tutti tendenzialmente molto sereni rispetto alla vaccinazione. Al di fuori dell’ospedale vedo molto più scetticismo. Ognuno è ovviamente libero di fare le proprie scelte ma per quello che posso cerco di spingere le persone ad informarsi. La precocità della messa a punto del vaccino crea ansia, soprattutto a chi non è del settore. Credo che possa essere d’aiuto educare le persone su come è nato, sul perché è stato possibile averlo in tempi così veloci, cos’è, cosa produce, come lavora».
Adesso cosa si aspetta?
«Mi aspetto una somministrazione della seconda dose ben organizzata e un allargamento progressivo alla popolazione, con la speranza che ognuno si faccia carico di questo interesse comune. È un percorso lungo e duro ma la speranza è quella di riuscire a contenere sempre più la diffusione del virus. Nell’imminente stiamo aspettando di vedere quali siano le ricadute dei giorni “gialli”. I numeri stanno lievemente aumentando, e attendiamo con ansia proattiva l’arrivo della risacca».
E ora c’è il conto alla rovescia per la seconda dose…
«Ci hanno consegnato un cartellino con il lotto del vaccino e la data di somministrazione della seconda dose, a 21 giorni di distanza dalla prima. Riceveremo una mail di convocazione qualche giorno prima ma dovrei essere chiamata il 18 gennaio. Lo aspetto con impazienza, per poter proseguire nel mio lavoro non cambiando la metodologia di approccio ma con maggiore serenità».
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