Auricoloterapia, insufflazioni di ozono, comunicazione ipnotica. «Formarsi in questo campo è una scelta», spiega l’infermiera che lavora negli ambulatori di terapia del dolore allo Iot Palagi
Un focus su un’infermieristica diversa dal solito, legata alla medicina complementare. A questo è stata dedicata l’ultima puntata del podcast OpiIdee: ospite Sabrina Spreghini, infermiera che lavora negli ambulatori di terapia del dolore dello Iot Piero Palagi a Firenze. L’intervista si concentra sulla sua storia e il suo percorso di studi ma anche su come funzionano questi ambulatori che ogni giorno aiutano molte persone attraverso l’utilizzo di tecniche non convenzionali. Un servizio molto richiesto: basti pensare che le prime disponibilità sono per il prossimo autunno.
Come funziona l’ambulatorio della terapia del dolore e quali tecniche vengono qui utilizzate?
«All’ambulatorio di terapia del dolore si accede con la prescrizione specialistica medica di algologia o cefalea. Una volta fatta la visita con l’algologo, viene tracciato un percorso personalizzato, farmacologico o non farmacologico, che può essere di infiltrazione o di accesso ai nostri due ambulatori infermieristici. Le prescrizioni sono interne quindi sono i nostri tre medici, il dottor Gioioso, il primario, e le dottoresse Elena Martini e Barbara Ganz che indirizzano i pazienti. Si tratta di otto prestazioni a cadenza settimanale, una terapia di due mesi eventualmente ripetibile».
Quali sono i due ambulatori e come sono strutturati?
«Sono gli ambulatori di auricoloterapia e quello per le insufflazioni di ozono, entrambi a gestione infermieristica: siamo due, io e la mia collega Daniela Bacherini. Gestiamo il giovedì l’auricoloterapia e il venerdì le insufflazioni di ozono: per il primo le prenotazioni sono già a settembre 2025. Un aspetto molto bello è l’accordo con la ginecologia interna, per cui ostetriche e ginecologhe possono attivare l’accesso all’ambulatorio di auricoloterapia per le donne in gravidanza con problemi di tipo fisiologico e psicologico. Usiamo i semi di vaccaria o gli aghi veri e propri, grazie alla presenza fissa di due agopuntori, il dottor Gioioso e la dottoressa Martini. La bellezza del nostro ambulatorio sta nell’essere un ambiente dove c’è collaborazione, interscambio, dialogo: non c’è distacco. Lasciatemelo dire, l’infermiere deve assimilare che non siamo più al servizio del medico ma CON il medico e quando questo accade è una cosa potente e meravigliosa».
Le liste d’attesa sempre così lunghe fanno pensare che ci sia un grande potenziale da sviluppare per la medicina complementare…
«Ne sarei ben felice: io ho 60 anni e spero di andare in pensione e lasciare quest’ambulatorio a qualcuno».
Tutte queste pratiche di medicina complementare per quali patologie vengono utilizzate?
«Oltre che per le donne in gravidanza per tutto ciò che è dolore cronico come ad esempio la fibromialgia, un grande tema e su cui siamo ancora in alto mare. Ma ci sono anche le cefalee, tutte le forme tensive, le cervicalgie, le tensioni da lombosciatalgia o altro».
Pazienti infermieri sono venuti da voi?
«Assolutamente sì. Io riesco sono contattata in continuazione negli spogliatoi tanto è vero che un tempo avevo il borsone del 118 adesso la bustina col palpeur e i semi: sono sempre pronta a intervenire, la mentalità è rimasta quella!».
Qual è stato il percorso che l’ha portata a lavorare nell’ambito della medicina complementare e della terapia del dolore?
«Per fare questo lavoro bisogna lavorare su se stessi, mettendo in discussione tante convinzioni. Io lavoravo al 118 dove l’organizzazione era tutta protocolli; poi la vita mi ha portato a guardare da un’altra parte. Ho iniziato a fare lo shiatsu su di me, poi ho studiato per tre anni medicina tradizionale cinese a Roma e alla fine ho scelto di farmi adottare da Firenze, città che amo fin da piccola. Dopo il concorso ho rifiutato due incarichi a Siena e Livorno finché non è arrivata la proposta per l’ospedale fiorentino di Santa Maria Nuova. Successivamente mi venne chiesto dove volevo andare e scelsi la terapia del dolore del Palagi, dove si era già iniziato a lavorare con l’agopuntura. C’era il dottor Scarsella che ora è in pensione: fu lui a volere l’ambulatorio infermieristico di auricoloterapia e poi quello per le insufflazioni di ozono».
Quindi Laurea in Infermieristica, il lavoro al 118, poi gli studi di medicina tradizionale cinese… ci sono stati altri percorsi?
«Ho fatto il master in area clinica a La Sapienza quando ero al 118 ma tutto nasce tutto con la mia prima tesi sulla Sla. Ebbi la fortuna di incontrare e assistere Cesarina Vighi, che è morta il primo maggio del 2010, autrice de “L’ultima estate”, che arrivò secondo al Premio Campiello. L’incontro con lei mi spinse a fare una tesi sulla Sclerosi laterale amiotrofica e sulla conoscenza delle medicine complementari tra gli infermieri. Scoprii che gli infermieri avevano un animo aperto ma nessuno sapeva niente di questo argomento. Neanch’io lo conoscevo ma vedevo attorno a me poca volontà di approfondire. I miei percorsi li ho fatti in forma privata e l’anno di Master in medicina complementare e terapia integrata a Siena è stato uno dei più belli della mia vita. Formarsi in questo campo è una scelta».
Attraverso l’auricoloterapia si vanno a stimolare specifici punti dell’orecchio che corrispondono a determinate parti del corpo. Come funziona?
«È un microcosmo in relazione con il macrocosmo. Gli studi si fondano sulla neurostimolazione e la vascolarizzazione, motivo per cui pungendo una parte ho un riflesso nell’organo corrispondente. Sappiamo che il vago ha il suo massimo punto di esternalizzazione dal corpo proprio nelle orecchie. Ci sono tre punti nell’orecchio che costituiscono una triade del relax e vengono stimolati attraverso un palpeur per favorire il riequilibrio emotivo. Poi ci sono punti standard, tra cui un punto zero che rappresenta un po’ il reset di tutto il sistema e lo Shen Men altro punto basale importantissimo».
Invece per le insufflazioni di ozono che percorso di studio è necessario? Come si esegue la tecnica e cosa fa l’ozono al corpo?
«Gli studi sono quelli infermieristici perché praticamente si tratta di un clistere, quindi tutti noi siamo stati istruiti su questo. Attraverso l’inserimento di un sondino nel plesso anale viene insufflato lentamente (15-20 minuti) una quantità pari a 120ml di ozono al 40%. L’ozono è un antinfiammatorio quindi agisce a livello sistemico e lavora sul dolore cronico. Gli studi su questa terapia sono limitati: li stiamo approfondendo con l’obiettivo di effettuare uno studio osservazionale non profit proprio su questo. Abbiamo appena depositato al comitato etico quello sulla comunicazione ipnotica e l’idroncoloterapia, come alleanza a sostegno di un paziente fibromialgico, quindi se ci approvano anche questo iniziamo una nuova avventura».
Comunicazione ipnotica?
«Sì è l’ultimo studio che ho terminato lo scorso anno a Torino, dove c’è la scuola di Franco Granone che ha aperto anche agli infermieri e fisioterapisti la possibilità di diventare ipnologi. Comunicazione ipnotica non è ipnosi ma una modalità di parlare al paziente e alle parti del suo cervello. Noi abbiamo due parti del cervello: la sinistra è devoluta al raziocinio e abbassare “l’attenzione” di questo lato consente a quello destro, quello creativo, di emergere e trovare soluzioni diverse.
Come si fa? Ci si rivolge con la forma comunicativa più adatta al cervello creativo, quella della metafora. Alla base ci dev’essere un rapporto di fiducia. Quindi se il paziente si fida, usando le metafore, posso riuscire a mettere il paziente in contatto con le proprie risorse “nascoste” per poter risolvere insieme un problema. Il paziente non perde coscienza ma in quello stato si apre un mondo che ancora non esercitiamo. L’ho sperimentato quando ho fatto la tesi e a Torino l’infermiera che è stata mia insegnante ne fa uso in sala operatoria».
Quindi a Firenze non è applicata ma in Italia è utilizzata all’interno degli ospedali?
«Non è propriamente vero che non è utilizzata perché al Palagi il dottor Elbetti, proctologo, la usa insieme a un collega e a un infermiere in caso di interventi ambulatoriali, riuscendo con la comunicazione ipnotica a fare un’analgesia».