#ununicoinsieme: il Nue 112 Toscana raccontato dal direttore Alessio Lubrani

Ha sede a Firenze la Centrale Unica di risposta più grande d’Italia, coordinata dall’infermiera Silvia Viareggi

 

Operativo da dicembre 2020, il Nue 112 (Numero unico di emergenza 112) permette, digitando un unico numero, di richiedere l’intervento delle forze dell’ordine, dei vigili del fuoco o del soccorso sanitario, senza più dover comporre i vecchi e numerosi numeri di emergenza. Attraverso la Centrale Unica di risposta, il Nue si occupa della presa in carico della chiamata, dell’individuazione del tipo di emergenza richiesta e del suo trasferimento alle Centrali Operative di secondo livello (carabinieri, polizia, vigili del fuoco, emergenza sanitaria): per questo, al servizio è stato dedicato l’hashtag #ununicoinsieme. In Toscana, a Firenze, ha sede la Cur più grande 112 d’Italia. Ne abbiamo parlato con Alessio Lubrani, direttore del Nue 112 Toscana.

Quante persone lavorano nella centrale del Nue e quanti utenti servite?

«Qui lavorano 100 persone, novanta più dieci che fanno parte dello staff tecnico. Si tratta di una struttura che dipende da Ministero dell’interno, affidata alla Regione Toscana che a sua volta l’ha affidata alla Ausl Toscana Centro. È la centrale operativa più grande d’Italia: qui arrivano le chiamate di 4,5 milioni di utenti da tutta la Toscana alle quali si aggiungono gli oltre 2,4 milioni da Marche e Umbria. Un totale di quasi 7 milioni di persone. Con l’attivazione del servizio sono nate due centrali, una a Firenze e una ad Ancona, totalmente identiche e dalle quali possiamo gestire le tre regioni. Tutte le notti prestiamo una postazione ad Ancona e loro una a noi per assicurare la piena inter-operatività».

Quante chiamate gestite quotidianamente e qual è il processo?

«Da qui gestiamo 9mila chiamate al giorno. Noi rispondiamo ed facciamo da filtro: per l’esattezza il 50% di filtro verso le centrali di secondo livello, perché la metà delle chiamate che riceviamo non sono relative ad emergenze. Il dato sale all’80% per le chiamate verso le forze di polizia e scende al 20% per il 118. Altra nostra altra mission è localizzare: passiamo le chiamate alle centrali di secondo livello solo dopo averle localizzate. Filtriamo le chiamate verso tutti numeri d’emergenza e a breve ne avremo altri: il 117, la Guardia di Finanza, entrerà nel sistema quest’anno insieme al 1530 che è il numero della Capitaneria di porto per chi chiama mentre è in mare. Per chi chiama dalla costa invece il servizio è già attivo. Non passiamo solo la telefonata ma tutti i dati digitali: quando gli operatori delle centrali di secondo livello alzano il ricevitore, dal loro software vedono la scheda-contatto con la localizzazione e il tipo di emergenza segnalata».

Quali sono i vantaggi del nuovo sistema?

«In primo luogo l’accessibilità: la chiamata è accessibile a tutti. Per chi non parla italiano abbiamo tre centrali per la traduzione simultanea di 20 diverse lingue; per i disabili abbiamo un’app ministeriale per il contatto con persone sordomute oppure un numero di telefono dedicato con messaggistica specifica e localizzazione automatica. Poi il monitoraggio: i tempi (si tratta di tempi medi) vengono quotidianamente monitorati e giustificati. Un utente non può stare in attesa più di 10 secondi; servono poi 40 secondi per collegarsi alla centrale di secondo livello da cui ci si deve staccare nei successivi 40. La Cur Tosana risponde in meno di 3 secondi di media e passa la chiamata già localizzata ai 118 in meno di 24 sec di media. E poi la localizzazione, che prima del Nue era fatta su intervista. Ora ci appoggiamo al Ced interforze per intercettare la cella in cui si trova il telefono che sta chiamando ma abbiamo anche le app Where are U, il Dinamicall, un sistema che permette di prendere il controllo del cellulare che chiama, e all’Aml (Advanced mobile locator)».

Avete scelto come capo della sala operativa un’infermiera…

«Sì, in Toscana abbiamo scelto di affidare a un’infermiera, Silvia Viareggi, il coordinamento di sala. Le centrali operative sono state tirate su soprattutto dai coordinatori infermieristici e si dovrebbe fare un passo avanti in questo senso, comprendendo che il direttore di una centrale non deve essere necessariamente un medico. L’infermiere ha sia capacità di gestire il personale che competenze idonee per la scrittura delle istruzioni operative. Quella del coordinatore è un incarico importante che deve avere anche un riconoscimento formale con un idoneo ruolo: di fatto è l’anima ed il motore della centrale e come avviene per Silvia deve avere la massima autonomia operativa».

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