Diritti dei bambini in ospedale, Zanobini (direttore generale Meyer): «Conquiste che vanno garantite»

Aopi lancia l’app per insegnarli ai piccoli pazienti

I piccoli pazienti hanno l’opportunità di prendere consapevolezza dei loro diritti durante il periodo delicato della malattia e del ricovero. A comprenderli meglio li aiuta l’app lanciata qualche giorno fa da Aopi, Associazione ospedali pediatrici italiani e dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza (Agia). Ne abbiamo parlato con Alberto Zanobini, direttore generale dell’azienda ospedaliero-universitaria Meyer di Firenze e presidente di Aopi.

Quando si è pensato per la prima volta alla Carta dei diritti dei bambini in ospedale?

«Nel 1988, a Leida. Presto poi è diventata un punto di riferimento imprescindibile per chi è chiamato a curare i più piccoli. Il testo della Carta originale è stato riscritto in occasione dalla Consulta delle ragazze e dei ragazzi dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, un gruppo di giovani dai 13 ai 17 anni, in modo da essere facilmente comprensibile per bambini e adolescenti».

A cosa serve e qual è il vantaggio di averla?

«Il ricovero in ospedale rappresenta per il bambino una brusca, e spesso dolorosa, interruzione della vita quotidiana. Alla sofferenza provocata dalla malattia si aggiunge il disagio per lo stravolgimento di abitudini e punti di riferimento. Da tempo, gli studi scientifici hanno evidenziato l’importanza di garantire ai piccoli pazienti tutta una serie di attenzioni che permettano loro di vivere nel modo più sereno possibile una condizione difficile. Diritti racchiusi in questo documento».

Perché un’app?

«Perché permette ai piccoli pazienti, attraverso il gioco e con un linguaggio semplice e accattivante, di prendere consapevolezza dei loro diritti».

È stata pensata solo in italiano?

«Al momento sì».

Come funziona?

«In ognuna delle strutture che fanno parte di questa rete nazionale sono disponibili brochure per spiegare ai bambini tutti i principi contenuti nella Carta che li vede protagonisti. Cliccando sul Qr Code presente su ogni opuscolo, è possibile scaricare l’app che consente una visita guidata con “Tommy e Ollie” attraverso i diritti dei bambini in ospedale. Lo stesso codice è ben visibile su grandi totem posti in punti strategici dei quindici ospedali pediatrici partecipanti e dei grandi dipartimenti di pediatria italianafrequentati dai piccoli e dalle loro famiglie. Inoltre, è disponibile sugli store IOS e Android. Cliccando sul singolo articolo i due personaggi prendono vita sullo schermo per illustrare ai bambini il contenuto di ogni diritto».

Com’è cambiato il modo di far fronte a questi diritti alla luce della pandemia?

«La pandemia e la necessità di regole più stringenti per garantire la sicurezza degli ospedali rischiano di compromettere alcune delle preziose conquiste raggiunte in questi anni sul fronte dei diritti dei piccoli pazienti. Oggi più che mai, quindi, dobbiamo ribadire l’importanza di questi principi e lavorare in sinergia per garantirli a tutti i bambini».

Un esempio pratico?

«Dobbiamo sforzarci di venire incontro alle esigenze delle famiglie. Per esempio, a Pasqua, il Meyer permette ai propri pazienti di passare la Pasqua con due familiari: uno è quello che già normalmente lo accompagna; a lui si unisce un secondo familiare al quale viene fatto un tampone gratuito. Per fare un altro esempio, avere in struttura un orto da coltivare permette di attivare nei piccoli pazienti una migliore capacità di risposta alla malattia. Penso che modalità di approccio simili siano utili anche nel processo di cura degli anziani. In questo senso, sono convinto che gli ospedali pediatrici possano indicare una via anche alla sanità degli adulti».

Quali sono i prossimi passi dell’associazione ospedali pediatrici italiani?

«Continueremo a schiacciare l’acceleratore sul progetto “Next generation, you?”: un piano immediato di investimento nei servizi di salute mentale, di supporto psicologico, sociale e di promozione della salute per bambini e adolescenti. Una risposta importante al disagio vissuto dai più piccoli a causa della pandemia».

Alessandra Ricco

 

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