Un atto di responsabilità professionale per l’infermiere. Di Lucia La Rosa
Ogni giorno, nelle corsie, negli ambulatori e a domicilio, l’infermiere offre il meglio di sé, navigando tra l’urgenza, l’empatia e l’efficienza. Ma a che prezzo? Spesso si parla di burnout e stress lavorativo, ma è tempo di spostare il focus e considerare il benessere dell’operatore non come un lusso o un optional, ma come un elemento fondamentale della competenza professionale. Autocura. Un atto di cura verso sé stessi, essenziale per garantire la qualità dell’assistenza.
Conoscere il proprio “setting interno”
Il primo passo per un’autocura non banale è l’autoconsapevolezza. Siamo professionisti della relazione, ma quanto conosciamo la relazione che abbiamo con noi stessi?
Quando si entra in contatto con un paziente, il nostro “setting interno” (le nostre emozioni, i pensieri, i vissuti passati e attuali) è già attivo. Riconoscere l’influenza di questo bagaglio è cruciale.
- Non si tratta di eliminarli, ma di non farsi guidare inconsciamente dalle proprie paure, pregiudizi o meccanismi di difesa.
Esercizio di Autoconsapevolezza (breve):
Per un minuto, durante una pausa o al termine di un’attività complessa, sospendi il giudizio e chiediti:
- “Cosa sento nel mio corpo in questo momento?” (Tensione alle spalle, stomaco contratto, respiro corto?)
- “Qual è il pensiero dominante nella mia mente?” (Preoccupazione, irritazione, fretta?)
- “Questa sensazione/pensiero è mio o l’ho assorbito dalla relazione?”
Riconoscere queste dinamiche ci permette di agire con consapevolezza, e non per reazione.
Alimentare la mente: il potere della prospettiva positiva
Il nostro cervello tende naturalmente a notare ciò che non va. In un ambiente ad alto rischio come quello sanitario, questa iper-vigilanza è necessaria, ma rischia di sovraccaricare il sistema con una costante negatività.
Coltivare pensieri positivi non significa ignorare i problemi, ma scegliere attivamente dove indirizzare l’attenzione per bilanciare il carico emotivo:
- Pratica della Gratitudine: A fine turno, o anche solo mentalmente, nomina tre successi, anche piccoli (es. “Sono riuscito a connettermi davvero con quel paziente”, “Ho gestito con calma una situazione difficile”, “La mia collega mi ha ringraziato”). Spesso ci si concentra solo sugli errori; la gratitudine e il riconoscimento dei meriti sono un potente antidoto al senso di inefficacia.
- Affermazione “Utile”: Quando un pensiero negativo o auto-critico emerge (“Sono esausto,” “Non ce la farò”), sostituiscilo con una frase che ti dia forza e ti riporti all’azione (es. “Sono stanco, ma ho le risorse per finire bene questo turno”, “Affronto un compito alla volta”).
Micro-pause di rilassamento: l’ancora di salvezza
Non è realistico pensare di avere il tempo per lunghe sessioni di meditazione in servizio. È per questo che la soluzione sta negli esercizi rapidi, che funzionano come un “reset” emotivo da inserire nelle micro-pause.
Esercizio Veloce: La Respirazione 4-7-8 (In meno di 60 secondi)
Questo esercizio, derivato dallo Yoga Pranayama, è un modo veloce per attivare il sistema nervoso parasimpatico e rallentare il battito cardiaco.
- Espira completamente dalla bocca, emettendo un suono “sibilante”.
- Inspira silenziosamente dal naso, contando mentalmente fino a 4.
- Trattieni il respiro, contando mentalmente fino a 7.
- Espira completamente dalla bocca, con il suono sibilante, contando fino a 8.
Ripeti questo ciclo 3 o 4 volte. Puoi farlo in piedi mentre prepari una terapia, seduto alla scrivania, o un istante prima di entrare in una stanza complessa. È un modo per “tornare a casa” nel tuo corpo e riprendere il controllo in un contesto di caos.
Prendersi cura di sé non è un atto egoistico, ma la premessa necessaria per continuare a prenderci cura degli altri con umanità, lucidità e competenza. Siamo il nostro principale strumento di lavoro; mantenerlo calibrato e carico è il segno distintivo del professionista consapevole.
Quali saranno i tuoi primi 60 secondi di autocura consapevole oggi?
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