L’infermiera è in corsa alle elezioni regionali in Toscana per la lista “Toscana Rossa”
Prosegue la rubrica di Infermierinews dedicata alle elezioni regionali in Toscana, con le interviste alle infermiere e agli infermieri di Firenze e Pistoia candidati e candidate nei vari schieramenti. Tatiana Bertini, 57 anni, nata a Montevarchi (AR) e residente a Firenzuola (FI) da anni si occupa di diritto alla salute, politiche di genere, salvaguardia dell’ambiente e difesa del territorio. In Mugello lavora come infermiera coordinatrice a Borgo San Lorenzo. Laureata in Scienze Infermieristiche e Ostetriche, Bertini è candidata nella circoscrizione di Firenze 2 e in quella di Arezzo per la lista “Toscana Rossa”, a sostegno della candidata presidente Antonella Bundu.
È la sua prima esperienza politica?
«Non è la mia prima esperienza politica. Sono stata candidata sindaca per il Comune di Scarperia e San Piero nel 2014 e nel 2019, poi consigliera di minoranza in Comune e nell’Unione dei Comuni del Mugello per oltre dieci anni. Nel 2018 ho corso nel collegio plurinominale per il Senato. Sono impegnata da sempre in molte battaglie sul territorio: per una sanità pubblica di qualità, mettendo in discussione l’eccessiva centralizzazione ed esternalizzazione dei servizi che hanno impoverito le periferie.
Ma anche per la difesa dell’ambiente, appoggiando la strategia rifiuti zero, per il diritto all’aborto e per i diritti fondamentali delle persone, come quelli all’istruzione e alla casa. Ho aderito alla coalizione ambientale interregionale Tess – Transizione Energetica Senza Speculazioni che si batte, appunto, per una transizione energetica equa e sostenibile che salvaguardi i territori con le sue vocazioni, la biodiversità e le comunità locali, favorendo autoproduzione e autoconsumo nonché la formazione di Cer e Cers».
Perché ha scelto di candidarsi per le regionali in Toscana?
«Sono iscritta e attiva da diversi anni, in Rifondazione Comunista e in comitati e movimenti che portano avanti le istanze dei territori. Oggi viviamo una condizione in cui il profitto prevale sui diritti delle persone e diventa più che mai necessario fare pressione, anche dentro le istituzioni, per cambiare questo indirizzo politico. Le scelte di governo, anche regionale, hanno precarizzato, con le politiche di liberalizzazione, il lavoro e di conseguenza la vita di molte persone, aumentando la forbice sociale ed economica, non solo tra le persone ma anche tra i vari territori, soprattutto quelli periferici, che subiscono le scelte di centralizzazione dei servizi e di razionalizzazione.
Per questo ho deciso di ricandidarmi: credo sia importante riuscire anche a livello toscano, a direzionare il governo del territorio verso una politica diversa, che salvaguardi i diritti delle persone dando stabilità di vita. Con le convenzioni, le assunzioni con contratto di somministrazione, le esternalizzazioni nella Pubblica Amministrazione, abbiamo perso un’occasione importante di strutturare servizi adeguati, con assunzione di personale, e di conseguenza, sicurezza di vita dignitosa, almeno per una grande fetta di persone.
Anche la gestione societaria (come per la Multiutility ad esempio) di beni e servizi essenziali dove si dividono gli utili tra i soci senza obbligo di reinvestimento nel servizio, sta aumentando la direzione politica verso la liberalizzazione estrema dei servizi essenziali. Che per la garanzia dei nostri diritti dovremmo tutelare con la piena gestione del pubblico. A tutto questo poi si aggiungono economia di guerra e spese militari e per la militarizzazione del territorio, che anche in Toscana mineranno ulteriormente il nostro stato sociale».
Quali temi porterà avanti se sarà eletta?
«I temi sono tanti. Tutela del lavoro, del territorio, dell’ambiente, sanità pubblica e politiche di pace sono alcune tematiche che ritengo prioritarie. In primo luogo, ed è un argomento per il quale mi batto da anni, credo che occorra puntare alla valorizzazione delle periferie e delle loro vocazioni, anche economiche, tutelandone i servizi e salvaguardando i territori e le comunità dalle logiche speculative. Oggi si cementifica troppo rispetto al bisogno effettivo e questo distrugge vocazioni e biodiversità, che vanno tutelate, per noi e per le generazioni future. Questa situazione viene aggravata dall’assalto, nei nostri crinali, nei boschi o nei nostri campi, di grandi opere impattanti fatte a fini speculativi, come nel caso degli impianti energetici industriali, che di rinnovabile hanno solo il nome. Ricordo che i nostri boschi, oltre a proteggerci dal riscaldamento climatico, ci proteggono anche dal dissesto idrogeologico, sempre maggiore a causa delle piogge torrenziali.
“Anche in sanità, occorre uscire dalle logiche di centralizzazione”
In tema di Pubblica Amministrazione, una priorità politica dev’essere quella di reinternalizzare progressivamente tutti i servizi. Anche in sanità, occorre uscire dalle logiche di centralizzazione, alle quali ci hanno portato le mega ASL, e tornare ad un’organizzazione capillare, di servizi essenziali, nei territori. Un’organizzazione decentrata per territori omogenei, che risponda alle esigenze delle persone che li abitano. Anche la scelta di fare convenzioni, sia per abbattere le liste di attesa che per rispondere ad un bisogno di servizio, va combattuta. Non si deve continuare a fare scelte, che rispondono solo alla situazione emergenziale, senza strutturare il servizio. Servizi stabili e duraturi, che possono dare risposte adeguate alla richiesta, si fanno soltanto con l’assunzione di personale sufficiente e l’acquisto di strumentazioni adeguate. Per questo, a livello regionale, occorre riportare i fondi dall’acquisizione di beni e servizi al capitolo delle assunzioni. Solo così potremmo strutturare un’offerta appropriata.
“Va restituita forza e dignità ai consultori, oggi depauperati”
E ancora: diventa importante attuare l’aborto farmacologico a casa, come nel Lazio, e in altre regioni italiane. Oggi invece, ancora non è possibile neppure avere la pillola abortiva in tutti i consultori. Sempre con percorso consultoriale, è importante aprire alla contraccezione gratuita per tutte. Bisonga poi restituire ai consultori forza e dignità: oggi sono depauperati di personale e servizi, e in numero esiguo. Ricordiamo che il Pomi – Progetto obiettivo materno infantile (ripreso dal DM 77 del 2022), ne prevede uno ogni 20mila abitanti nelle zone urbane e uno ogni 10/15mila in quelle extraurbane, con la presenza di diverse figure di professionisti. Sono presidi importanti, da riempire di tutte le figure di cui necessitano e non ridurre a meri sportelli ambulatoriali, anche per il ruolo basilare di prevenzione e di accompagnamento alla crescita affettiva e sessuale, che rivestono.
Un obiettivo prioritario, sarà quello di ribadire un “no” netto all’economia di guerra e alle spese militari, che distruggono vite umane, ambiente e tessuti sociali. Questi fondi, dove sono confluiti parte dei fondi della coesione sociale, devono essere investiti per garantire il welfare, non per distruggere!
“Importante attuare a livello ambientale la strategia rifiuti zero”
Un’altra politica importante da attuare a livello ambientale è la strategia rifiuti zero, che preveda riciclo e riuso di quanto possibile, diminuzione degli imballaggi e riconversione delle ditte che li producono, riconversione dei vecchi inceneritori senza costruirne altri e la bonifica delle discariche. C’è necessità anche di un sistema di trasporti efficiente, che può essere realizzato attraverso una metropolitana di superficie, che colleghi est con ovest, nord con sud (sia per la zona interna che per la costa) che risponda alle esigenze delle persone incrementando l’utilizzo del trasporto pubblico, con agevolazioni per studenti e lavoratori e lavoratrici. Occorre poi un piano casa, non rappresentato soltanto dall’edilizia residenziale pubblica, ma anche da autorecupero di immobili pubblici sfitti, e da accordi con i privati per affitti concordati.
“Serve un piano energetico regionale capace di democratizzare l’energia”
Va poi strutturato un piano energetico regionale capace di democratizzare l’energia, con una produzione diffusa, sulla base dei sistemi Cer (Comunità energetiche rinnovabili) e Cers (Comunità energetiche rinnovabili e solidali), nonché autoproduzione e autoconsumo, per combattere la povertà energetica di famiglie, persone e attività, uscendo così dalle logiche speculative. Sul fronte del lavoro, è necessario contrastare la delocalizzazione e uscire dalle logiche degli appalti e dei subappalti, creando sicurezze. Tutte le scelte governative poi, possono essere fatte favorendo una modalità di governo partecipativo con comunità, comitati e associazioni. E ancora garantire il diritto allo studio in scuole pubbliche, e l’attivazione del reddito regionale di cittadinanza, fatto con fondi europei, per combattere il disagio economico che può portare poi, ad un disagio sociale».
Cosa serve per valorizzare il ruolo degli infermieri?
«Oggi la professione infermieristica è sempre meno appetibile e i motivi sono molteplici. Se pensiamo al crescente numero di aggressioni fisiche o verbali al personale sanitario ad esempio, capiamo che oltre a condannarlo e punirlo, dobbiamo capire come prevenirlo. Questi episodi spesso nascono da un’insoddisfazione: le persone, per ricevere risposta a un bisogno, sono non di rado costrette a lunghe liste di attesa o a lunghe attese (ad esempio nei pronto soccorso). E a volte rimangono senza risposta. L’infermiera o l’infermiere è la prima persona con cui entrano in contatto. E talvolta succede che scarichino su di lei la propria insoddisfazione. Anche per questo diventano essenziali le assunzioni, per riuscire a dare risposte alla domanda di salute, e per valorizzare l’importante attività infermieristica, necessaria in tutti i contesti, ovvero il tempo di cura determinato dal tempo di relazione. Questa valorizzazione porterebbe ad una maggiore soddisfazione nell’espletamento della nostra professione.
“L’infermiere di famiglia e comunità oggi potrebbe essere valorizzato ulteriormente nell’integrazione sociosanitaria”
Bene l’idea di portare avanti specializzazioni, sia a livello universiatario che esperenziale; ma bisogna che queste siano effettivamente spendibili, anche a livello di consulenze, e remunerate adeguatamente. L’infermiere di famiglia e comunità oggi potrebbe essere valorizzato ulteriormente nell’integrazione sociosanitaria: il sistema ospedaliero per acuti va verso dimissioni sempre più precoci; aspetto che talvolta è in contrasto con le necessità sociali. Allora chi meglio dell’infermiere di famiglia può evidenziare questo disagio, tracciare un percorso idoneo e attivarsi per attuarlo, concludendo così il circolo di cura? Dobbiamo valorizzare ulteriormente e dare maggiore autonomia di collegamento a questa figura, oltre a formarla anche riguardo alla transculturalità. Anche nell’ambito del percorso Codice Rosa, l’infermiere di famiglia è colui che può intercettare precocemente situazioni di violenze, maltrattamenti o abusi. Questa rappresenta ad oggi una delle figure infermieristiche che nel futuro potrà avere importanti prospettive di sviluppo.
Se continuerà a essere così poco attrattiva, la professione infermieristica si troverà in futuro a lavorare gomito a gomito con Oss e/o assistenti infermieri (figura nuova che non capisco per quale motivo si intenda creare visto che potevamo valorizzare la già creata figura dell’Osss) che si occuperanno prettamente della parte assistenziale. Ribadendo che l’infermiere non deve mai scordare questo pezzo fondante della professione, è logico che sarà sempre più spinto a specializzarsi nei diversi settori: un percorso obbligato che dovrà essere valorizzato anche a livello economico».
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