Candidati alle regionali e sanità: il punto di Alessandro Tomasi

Corre per la carica di governatore della Toscana per la coalizione di centrodestra che riunisce FdI, Fi, Lega, Noi moderati, lista civica ‘È Ora!’

Ultimo step per l’approfondimento di Infermierinews che, in vista delle elezioni che si terranno il 12 e 13 ottobre prossimi, ha chiesto ai candidati alle regionali toscane di fare il punto sullo stato attuale del sistema sanitario in Toscana e sugli scenari futuri. Queste le linee guida di Alessandro Tomasi, sindaco di Pistoia che nella corsa per la carica di governatore della Toscana guida la coalizione di centrodestra che riunisce Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega, Noi Moderati-civici per Tomasi e la sua lista civica E’ Ora!.

Nato a Pistoia nel 1979, Tomasi è laureato in scienze politiche. Militante di Azione Giovani, diviene per la prima volta consigliere comunale nel 2007, tra le file di Alleanza Nazionale, venendo successivamente rieletto nel 2012 con Il Popolo della Libertà. Alle elezioni politiche del 2013 viene candidato alla Camera dei deputati, nella circoscrizione Toscana con il PdL, ma senza essere eletto. Quindi aderisce a Fratelli d’Italia. Si candida a sindaco di Pistoia in vista delle amministrative del 2017, dove viene eletto al ballottaggio. Ricandidatosi alle elezioni del 2022, viene rieletto al primo turno.

Come valuta la situazione della sanità italiana e toscana?

“Il sistema sanitario nazionale è un pilastro di questo Paese con una situazione evidentemente diversa tra regione e regione. In Toscana il 51% dei cittadini (dati Ars) si rivolge al privato per visite ed esami, l’ 8% rinuncia ai controlli per le liste d’attesa e l’impossibilità di pagare e andare privatamente. Questi dati evidenziano la tendenza della nostra sanità “pubblica”, che con il progressivo invecchiamento della popolazione, la denatalità e la fuga dei giovani – 4mila ragazzi e ragazze hanno lasciato la Toscana nell’ultimo anno – è destinata a non reggere. A questo si aggiunge un buco da 200 milioni l’anno che la Regione ha cercato, invano, di ricoprire con l’aumento dell’addizionale regionale Irpef. E’ un sistema che va riformato mantenendo ciò che oggi funziona, le eccellenze e i servizi efficienti, ma iniziando necessariamente a incidere sulla spesa sanitaria con un taglio agli sprechi e un conseguente investimento sui servizi, senza andare a mettere le mani in tasca ai cittadini per le inefficienze del sistema. In oltre 8miliardi di bilancio, ci sono margini per intervenire. La sanità territoriale, le farmacie di servizi, il terzo settore, il privato accreditato che collabora sotto il controllo e l’indirizzo pubblico, la digitalizzazione, il sistema unico di prenotazione, lo stop al blocco del turnover del personale, gli investimenti sulla prevenzione, il contrasto alla desertificazione sanitaria, la tutela e valorizzazione degli ospedali delle aree interne, il welfare per medici, infermieri, tecnici e in generale per tutto il personale sanitario che lavora nei presidi pubblici sono alla base della nostra rivoluzione del fare”.

Quali sono secondo lei punti di forza e punti di debolezza?

“Le persone sono il punto di forza. La sanità pubblica toscana si regge sulla professionalità e sull’opera del personale sanitario. Basti pensare cosa avviene nei pronto soccorso. La debolezza è la mancanza di governo dei fenomeni da parte della Regione. Si è demandato ai tecnici scelte fondamentali e accumulato sprechi e centri di potere a discapito dei servizi e dei cittadini.”

Le prime tre azioni che porterà avanti nello specifico in ambito sanitario.

“Sblocco delle liste d’attesa chiuse, valorizzazione della sanità territoriale, welfare per il personale”.

La giornalista Milena Gabanelli, in una recente intervista, ha detto che, prima di votare, i cittadini dovrebbero chiedere il nome del futuro assessore alla sanità: lei ha già una risposta? E quali saranno i requisiti in base ai quali farà la sua scelta?

“No perché parlo di temi e soluzioni, non di nomi e posti da occupare. Concordo naturalmente sul fatto che debba essere una persona con un profilo eccellente e competente, che non sia “commissariato” come sembra essere adesso, ma che rappresenti un punto di riferimento per i cittadini, per il personale, per i direttori, per il terzo settore. La politica deve iniziare a metterci la faccia e assumersi delle responsabilità”.

Dopo la fase pandemica, in cui sono stati spesso indicati come eroi, gli infermieri sono tornati a lamentare condizioni di lavoro spesso usuranti e scarso riconoscimento del proprio ruolo: come pensa che possa essere affrontato il problema?

“La memoria corta della politica non mi sorprende, così come penso che le celebrazioni, i post sui social, non possano bastare a chi ogni giorno lavora negli ospedali. E’ un lavoro nobile, spina dorsale della sanità pubblica. Si affronta con una riorganizzazione del sistema, basta guardare all’Emilia Romagna per capire che il problema più che nei numeri sta nell’organizzazione e con migliori condizioni lavorative. Su questo, come detto, il welfare aziendale può incidere”.

La Toscana é stata più volte all’avanguardia sul fronte infermieristico: pensa che possa trovare una soluzione innovativa all’attuale crisi dell’infermieristica? E se sì, quale?

“Sicuramente partendo dai giovani da una parte, come negli altri settori, e dall’altra, come ripetuto, con condizioni lavorative migliori. Il problema è enorme se lo guardiamo in prospettiva. Tra qualche anno (già ora per la verità) faticheremo a trovare ricambio in alcuni reparti, nell’emergenza/urgenza. Rendere questo lavoro nuovamente sopportabile e appetibile, può fare la differenza nell’indirizzare le nuove generazioni. E questo lo si può fare solo rendendo migliori le condizioni di lavoro di oggi”.

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