Il presidente uscente corre per la carica, sostenuto dalla coalizione di centrosinistra
Pochi giorni alle elezioni regionali in Toscana, chiamata al voto il 12 e 13 ottobre. Infermierinews ha chiesto ai candidati alle regionali toscane di fare il punto sullo stato attuale del sistema sanitario in Toscana e sugli scenari futuri. Il presidente uscente Eugenio Giani (Pd) cerca la riconferma, sostenuto dalla coalizione di centrosinistra. Quest’ultima è composta da Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi e Sinistra e Casa Riformista, con il supporto di Sinistra Civica Ecologista.
Nato a Empoli nel 1959 e residente a Sesto Fiorentino, Eugenio Giani è laureato in Giurisprudenza. È stato eletto nel Consiglio comunale di Firenze nel 1990, svolgendo nel tempo funzioni di presidente della Commissione per l’elaborazione dello statuto e poi è stato più volte assessore. Nel 2009 è stato presidente del Consiglio comunale di Firenze. È stato eletto in Consiglio Regionale per la prima volta alle consultazioni regionali del 2010. Rieletto nelle elezioni del 2015, è stato presidente del Consiglio Regionale della Toscana. Alle consultazioni regionali del 2020 è stato eletto poi come presidente con oltre 860mila voti, pari al 48,63%.
Come valuta la situazione della sanità italiana e toscana?
«In Toscana crediamo fortemente nella sanità pubblica e universalistica che rappresenta uno dei pilastri fondamentali dei sistemi moderni di welfare. È necessario continuare a garantire a tutti i cittadini l’accesso equo e gratuito ai servizi sanitari essenziali, indipendentemente da reddito, età, condizione sociale o luogo di residenza. In questi anni la Toscana ha dimostrato di essere ancora capace di offrire eccellenza e qualità nelle prestazioni rispettando questo diritto fondamentale della persona, che è anche un interesse collettivo. In Italia vedo una tendenza a definanziare la sanità pubblica ed una crescente presenza del privato nel sistema. Questa tendenza va, se non arrestata, quantomeno controllata e ridimensionata. È giusto riorganizzare quello che non funziona ed ottimizzare la risorse, non dimenticando però le differenze demografiche e tenendo conto che la popolazione è sempre più anziana e con problemi cronici. Lo Stato sta investendo sempre meno sulla sanità pubblica e questo ha portato le persone con meno risorse a posticipare esami, visite e trattamenti con conseguenti diagnosi tardive, aumento della gravità delle malattie e maggiore mortalità evitabile. Come Conferenza delle Regioni abbiamo chiesto di difendere il fondo sanitario. In Toscana abbiamo anche approvato una proposta di legge per il Parlamento in cui chiediamo che il finanziamento dello Stato sia entro il 2027 strutturalmente il 7,5 per cento del Pil, il che vorrebbe dire, in tutta Italia, circa quattro miliardi di più l’anno. Ci sono Paesi in Europa che vanno oltre questa percentuale e sfiorano il 10 per cento. Noi abbiamo chiesto di raggiungere, in cinque anni, almeno la media europea».
Quali sono secondo lei punti di forza e debolezza?
«La sanità toscana, che ha scelto il sistema pubblico, è riconosciuta a ogni livello come un’eccellenza nazionale. Non a caso nel sistema di monitoraggio del Ministero della Salute, la Toscana è tra le regioni migliori d’Italia per quanto riguarda il Nuovo Sistema di Garanzia, che misura i livelli essenziali assicurati. È emerso inoltre che la Toscana ha una delle migliori reti oncologiche del Paese: standard elevati, coordinamento tra strutture, percorsi diagnostici e terapeutici consolidati. Per contro, i costi della sanità regionale stanno crescendo e non sempre le entrate riescono a coprire le spese. Nonostante le prestazioni elevate, le attese per visite, esami o interventi in molti casi rimangono importanti, specie in alcune aree o per specialità. Per risolvere questo numerose sono le riforme fatte e gli interventi in termini di appropriatezza. L’aumento di prestazioni o prescrizioni non strettamente necessarie associate a mancanza di medici (anche di medicina generale), infermieri o altri professionisti specializzati, specialmente nelle aree interne, sono le cose su cui dobbiamo continuare a lavorare per rendere più efficiente il sistema. Le future 77 case di comunità, con i loro servizi sanitari di prossimità, contribuiranno ad alleggerire i pronto soccorso e le strutture ospedaliere e potranno contribuire alla riduzione delle liste di attesa».
Le prime tre azioni che porterà avanti nello specifico in ambito sanitario?
«Il fulcro della riforma e proposta sanitaria su cui ci siamo concentrati sul finale di questa legislatura, e su cui dovremo continuare a lavorare all’inizio della prossima, è il potenziamento dei servizi pubblici di prossimità, per decongestionare gli ospedali e offrire un’assistenza più vicina ai bisogni dei cittadini. Questo vuol dire far vivere e rendere operative case e ospedali di comunità, estendere e potenziare l’assistenza domiciliare per i pazienti non autosufficienti, anziani e persone con patologie croniche, in modo da garantire loro cure adeguate e dignità nel proprio ambiente familiare. Significa anche rafforzare i consultori come presidi essenziali, in particolare per donne e giovani, e investire sulla prevenzione. La telemedicina sarà un pilastro per il futuro. La Toscana si colloca già ai vertici nazionali per la qualità dei suoi servizi sanitari, secondi in Italia. Siamo cresciuti negli ultimi anni e vogliamo diventare la prima regione, valorizzando i nostri punti di forza: investiremo dunque sulle campagne di vaccinazione, implementeremo l’assistenza sul territorio e negli ospedali. Ma puntiamo soprattutto ad azzerare le liste di attesa, che sono una delle principali criticità percepite dai cittadini. Abbiamo deciso di affrontare il problema con un piano strategico, basato su dati e risultati concreti. Ci concentreremo sulla promozione dell’appropriatezza prescrittiva, per evitare esami non necessari e liberare risorse, e sulla semplificazione dei percorsi di cura».
La giornalista Milena Gabanelli, in una recente intervista, ha detto che, prima di votare, i cittadini dovrebbero chiedere il nome del futuro assessore alla sanità: lei ha già una risposta? E quali saranno i requisiti in base ai quali farà la sua scelta?
«Penserò agli assessori da lunedì pomeriggio, se vinco. La composizione della giunta dipenderà, ovviamente, dai risultati elettorali».
Dopo la fase pandemica, in cui sono stati spesso indicati come eroi, gli infermieri sono tornati a lamentare condizioni di lavoro spesso usuranti e scarso riconoscimento del proprio ruolo: come pensa che possa essere affrontato il problema?
«Il personale è la risorsa più preziosa del sistema sanitario: vale anche per gli infermieri. I riconoscimenti economici, che dipendono in gran parte dai contratti nazionali, non sono a volte adeguati ma su molte questioni abbiamo le mani legate. La Regione Toscana, grazie al decreto Calabria, ha messo a disposizione alcune risorse per cercare di migliorare la condizione generale e diminuire il senso di insoddisfazione. Ma è evidente che gran parte dei nodi si dipanano a livello nazionale e se, da Roma, si continua a tagliare il fondo sanitario impedendo di fare nuove assunzioni o di sostituire chi va in pensione, allora questo ha un impatto sul lavoro, rendendolo più usurante. Al Governo chiediamo il superamento del tetto di spesa, al fine di garantire maggiore autonomia nelle politiche di reclutamento rispetto ai nuovi bisogni del servizio sanitario regionale. Vogliamo anche stabilizzare i precari e saranno promosse politiche per la tutela della salute psicofisica del personale sanitario, per garantire un ambiente di lavoro sereno e più stimolante».
La Toscana è stata più volte all’avanguardia sul fronte infermieristico: pensa che possa trovare una soluzione innovativa all’attuale crisi dell’infermieristica? E se sì, quale?
«La professione dell’infermiere è fondamentale: negli ospedali ma anche nell’assistenza sul territorio che stiamo accrescendo e che costituisce la nuova frontiera. La Toscana in Italia ha fatto scuola: il modello dell’infermiere di famiglia e comunità, studiato nell’Asl Toscana Centro nel 2018 e poi esteso al resto della regione nel 2022, è stato inserito dal ministero e dal governo nell’oramai noto Dm77 che ha riformato l’assistenza sanitaria territoriale in tutta Italia. Lo stesso è stato per le case della salute, diventate case delle comunità o per le centrali operative territoriali per facilitare la presa in carico dei pazienti dimessi dagli ospedali. Ne siamo orgogliosi, ma questo non ci ha spinto a fermarci. Abbiamo lavorato sugli infermieri Aiuti: una figura importantissima, al momento sperimentata nell’Asl Toscana Centro, che si affianca per bisogni immediati ma non emergenziali all’infermiere di famiglia. Il secondo prende in carico, in modo programmato, i pazienti sul territorio. Il primo lavora per bisogni urgenti, con un doppio effetto già verificato: una riduzione degli accessi nei pronto soccorso e una precoce dimissione dagli ospedali per completare la terapia a casa. Questi infermieri sono in servizio dalle 7 alle 19 dal lunedì al venerdì e il servizio può essere attivato attraverso il medico di medicina generale attraverso le Centrali operative territoriali. Nel 2024 hanno soddisfatto i bisogni di oltre cinquemila pazienti, con quasi dodicimila accessi».









