«Vi racconto la mia missione in Madagascar»

La testimonianza di Nicola Scribani, infermiere iscritto a Opi Firenze-Pistoia. La sua prima missione all’estero in Madagascar

«Orari non esistevano. Al mattino, fuori dallo spazio allestito come ambulatorio, trovavamo già una coda di persone che avevano bisogno del nostro intervento o di una visita. Venivano avvertite via radio del nostro arrivo». Con queste parole l’infermiere Nicola Scribani inizia il racconto della sua prima missione all’estero, in Madagascar, vissuta con l’associazione “Humanitarian Help for Poor People”. Nicola ha 27 anni e dal 2022 è iscritto all’Ordine interprovinciale delle professioni infermieristiche di Firenze e Pistoia.

Quanto è durata la vostra missione e quante persone avete curato?

«Sono partito a luglio e sono stato via circa tre settimane. Eravamo due infermieri, un pediatra e due volontari, abbiamo operato principalmente a Nosy Be. Volendo fare una stima solo dei bambini, ne avremo visitati circa quattrocento. Abbiamo lavorato una media di 12 ore al giorno».

Come ha maturato l’idea di partire per una missione all’estero?

«Ho sempre pensato di volerla fare, anche durante i miei studi universitari. Non è stato semplice scegliere l’associazione con cui partire ma alla fine ho trovato quella che più mi ispirava fiducia.

Quali sono state le principali problematiche dei pazienti visitati?

«Abbiamo visitato sia adulti che bambini, con problematiche di vario tipo. Ci siamo occupati di gente da suturare con urgenza, con ferite che si erano infettate perché precedentemente medicate “fai da te” con prodotti di fortuna, a base di banane o con bendaggi casalinghi. I bambini più che altro necessitavano di farmaci per infezioni funginee, sia gastrointestinali che cutanee, polmoniti e malaria. Abbiamo poi eseguito sul posto test per Hiv e malaria. In posti come quello anche l’ospedale ha condizioni igienico sanitarie precarie. Alcuni bambini avevano attacchi epilettici e le farmacie del posto non avevano farmaci adeguati per gestire questo tipo di situazioni. La nostra Onlus, in casi come questi, ha sostenuto le spese per comprare i farmaci su isole vicine. Un ruolo fondamentale in questa esperienza lo ha avuto il pediatra, che ha saputo orientarci su come procedere».

Cosa si porta a casa di questa esperienza?

«A livello umano mi ha dato tanto, a livello professionale anche. Ho avuto modo di conoscere malattie che da noi in Italia sono rare, come l’epidermolite bollosa. Sono rientrato con un ciondolo appeso allo zaino: è un braccialetto che aveva al braccio un bimbo che ho visitato, ma che non ce l’ha fatta. La sua mamma ha voluto donarmelo in segno di gratitudine. Quel bambino e quel gesto mi rimarranno dentro per sempre».

Tornerà in missione in futuro?

«Ci tornerò sicuramente. Sto valutando di collaborare con altre associazioni che operano soprattutto in Etiopia. Con l’esperienza in Madagascar ho sentito di poter fare la differenza per cambiare le sorti di alcune vite, mettendo a disposizione la mia professionalità come infermiere».

Alessandra Ricco

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