Aggressioni in corsia: ogni anno in Italia 1200 episodi ai danni dei lavoratori della sanità

Secondo un recente studio della Cgil, ogni anno in Italia si contano 1200 atti di aggressione ai danni dei lavoratori della sanità. Nella maggior parte dei casi si tratta di aggressioni o tentativi di aggressione, fisica o verbale che, come spiega la nota Cgil equivale a dire che che il 30% dei 4mila casi totali di violenza registrati nei luoghi di lavoro riguarda medici infermieri ostetriche, farmacisti. Coloro, quindi che curano o si prendono cura dei cittadini. Nel 70% dei casi le vittime sono donne.

Opi: «individuare al più presto soluzioni operative efficaci per invertire la tendenza»

«È assurdo e inaccettabile cheil personale sanitario debba trovarsi in situazioni di pericolo mentre svolge il proprio lavoro-  commentano da Opi Firenze-Pistoia -. Gli episodi di violenza ai danni degli operatori sanitari non sono casi isolati, ma sono quasi all’ordine del giorno. Questo, è evidente, rende necessaria una riflessione che porti a individuare al più presto soluzioni operative efficaci per invertire la tendenza. Questo clima di insicurezza e questi episodi devono essere ridotti al minimo, per la sicurezza dei professionisti sanitari ma anche degli stessi cittadini».

Nel 2017 sono stati 465 gli episodi di aggressioni nei soli Pronto soccorso

Come spiega la nota della Cgil, la classifica dei luoghi maggiormente colpiti dalla violenza nel 2017 vede al primo posto i Pronto soccorso (456 aggressioni), i reparti di degenza (400), gli ambulatori (320), gli Spdc (72) le terapie intensive (62). Le aggressioni al 118 sono state 41, 37 invece quelle nell’ambito dell’assistenza domiciliare, 20 nelle case di riposo e, infine, 11 nei penitenziari. Passando alla tipologia di violenza il 60% è rappresentato da minacce, il 20% da percosse, il 10% da violenza a mano armata e il restante 10% da vandalismo. A commettere violenza sono, per il 49% i pazienti, per il 30% i familiari, per l’11% i parenti e per un 8% gli utenti in generale. Le fasce orarie più a rischio sono quelle della sera e della notte.

Opi: «infermieri spesso valvola di sfogo per le inefficienze e i ritardi del sistema»

«Gli infermieri, come i medici e gli Oss in servizio nelle strutture ospedaliere (e non solo) sono i professionisti maggiormente esposti a questa problematica – proseguono da Opi Firenze-Pistoia -. Spesso rappresentano la valvola di sfogo per le inefficienze e i ritardi che, invece, appartengono al sistema. Per questo, rischiano molto spesso di non poter svolgere con serenità il proprio lavoro, soprattutto quando prestano servizio durante i turni notturni e nei servizi critici, come nel caso dei Dipartimenti di Emergenza e dei Pronto Soccorso».

Pene più severe con il Ddl per la sicurezza delle professioni sanitarie, in attesa di approvazione alla Camera

Lo scorso settembre il Senato ha approvato il Ddl per la sicurezza delle professioni sanitarie, che ora attende il passaggio finale del voto alla Camera. La legge prevede pene severe, fino a 16 anni di carcere, per chi compie aggressioni e violenze contro medici infermieri e operatori sanitari, provocando lesioni gravi o gravissime. Prevede inoltre l’istituzione dell’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni, per il monitoraggio degli episodi di violenza e la promozione di studi per ridurre i fattori di rischio.

Opi: «ci auguriamo che la legge sia presto realtà. Ogni giorno i sanitari sono sottoposti a forme di violenza»

«Ci auguriamo che la legge sia presto realtà, perché ci troviamo davanti a una vera a propria emergenza. Crediamo che sia necessario tenere alta l’attenzione su questo tema e non parlarne solo in occasione di fatti di cronaca gravi – concludono da Opi Firenze Pistoia-. Perché ogni giorno i professionisti sanitari sono sottoposti una qualche forma di violenza, sia pure solo una aggressione verbale. In primo luogo dovrebbe essere intensificata la vigilanza nelle strutture sanitarie ma è necessario anche potenziare i servizi e il supporto psicologico per i pazienti e per le loro famiglie».

 

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