Attenzione e sensibilità più spiccate rispetto a quelle che si devono avere per la cura e l’assistenza di un paziente adulto. Sono le caratteristiche più importanti per chi svolge la professione di infermiere pediatrico, «ruolo che lo impegna nell’assistenza a neonati e bambini sani e con patologie, dall’allattamento allo sviluppo neurocognitivo fino alle fasi dello sviluppo» spiega l’infermiere pediatrico Ilaria Ester Midea sottolineando che si tratta di «un impegno costante rivolto sia alla prevenzione sia alla risoluzione di momenti critici che possono incorrere nella vita del piccolo paziente».
Essere infermiere pediatrico significa seguire una formazione simile a quella degli infermieri che assistono i pazienti adulti ma concentrandosi sulle patologie tipiche dei bambini e degli adolescenti. «A formare l’infermiere pediatrico – aggiunge Midea – è la laurea triennale in Infermieristica che fornisce tutte le competenze necessarie per assistere e curare chi è in difficoltà con particolari focus sulle patologie e sull’approccio da tenere». Il modo di relazionarsi con il paziente, infatti, è diverso rispetto a quello dell’infermiere ‘tradizionale’ perché il professionista si trova a interagire con neonati e bambini che necessitano di un’empatia specifica e perché l’infermiere deve relazionarsi anche con la famiglia dei piccoli pazienti.
Il ruolo dell’infermiere pediatrico viene svolto in numerosi ambiti della vita di comunità: dagli ospedali, alle strutture pubbliche, alle scuole e alle strutture di riabilitazione. «La principale difficoltà che riscontra oggi un professionista di questo settore è la quasi totale assenza di concorsi dedicati per entrare nelle strutture pubbliche e private» sottolinea Midea. Non esiste, infatti, un obbligo specifico per bandire concorsi riservati ai soli infermieri pediatrici ma solo per infermieri generici.
