L’indagine di Diletta Calamassi e Claudia Vannucchi
La musica è da sempre percepita come dotata di particolari poteri curativi; l’intera storia della civiltà contiene aspetti che collegano la musica alla guarigione fisica e mentale (1). Sembra che l’adozione della musica a scopi terapeutici si riferisca a un passato remoto, probabilmente al Paleolitico (in cui si credeva che l’ascolto della musica potesse influenzare il comportamento degli esseri umani). Diversi studi hanno dimostrato che la musica può evocare e modulare potentemente emozioni e stati d’animo, insieme a cambiamenti nell’attività cardiaca, nella pressione sanguigna e nella respirazione (1).
La World Federation of Music Therapy (Federazione Mondiale di Musicoterapia) nel 1996 ha definito la musicoterapia come “l’uso della musica e/o degli elementi musicali (suono, ritmo, melodia e armonia) da parte di un musicoterapeuta qualificato, con un utente o un gruppo, in un processo atto a facilitare e favorire la comunicazione, la relazione, l’apprendimento, la motricità, l’espressione, l’organizzazione e altri rilevanti obiettivi terapeutici al fine di soddisfare le necessità fisiche, emozionali, mentali, sociali e cognitive. La musicoterapia mira a sviluppare le funzioni potenziali e/o residue dell’individuo in modo tale che questi possa meglio realizzare l’integrazione intra e interpersonale e consequenzialmente possa migliorare la qualità della vita grazie a un processo preventivo, riabilitativo o terapeutico” (2).
Invece, gli interventi musicali (come il semplice ascolto di musica), a differenza della MUSICOTERAPIA, sono caratterizzati dal fatto che possono essere attuati da operatori non specializzati in musica e rivestono un ruolo complementare alla terapia in atto (3). Gli interventi musicali sono applicati con successo in vari contesti, come l’ambito chirurgico per la riduzione dell’ansia preoperatoria e per la riduzione del dolore, ma anche per indurre il rilassamento e migliorare l’umore (4; 5; 6; 7).
L’ascolto di musica, oltre che per i pazienti, può essere utile anche per il personale responsabile dell’assistenza. Infatti, sono stati condotti studi che hanno coinvolto professionisti sanitari e che hanno previsto l’effettuazione di interventi musicali con lo scopo di esplorare la relazione tra ascolto di musica ed effetti sull’organismo e l’emotività (8; 9). Lai et al. (2013), con un trial randomizzato e controllato hanno esaminato gli effetti dell’ascolto per 30 minuti di musica (rilassante o stimolante), rispetto al riposo, sull’ansia (rilevata con lo State-Trait Anxiety Inventory _Spielberger, 1977), sui valori delle citochine, sulla frequenza cardiaca e sulla pressione arteriosa di 60 infermieri durante un compito aritmetico mentale a loro assegnato. I risultati hanno dimostrato che il compito mentale assegnato non aveva aumentato i livelli di ansia degli infermieri che avevano ascoltato la musica (10).
Tuttavia, pochi sono gli studi che indagano gli effetti della musica ambientale sul personale e una revisione di letteratura suggerisce che l’utilizzo della musica in specifici ambiti, come la Sala Operatoria, potrebbe essere rischioso per cui il suo utilizzo dovrebbe essere attentamente valutato, ricercando il consenso degli operatori e l’individuazione di adeguati parametri di decibel (11).
L’attenzione alla salute e allo stato emotivo degli infermieri nei contesti assistenziali è importante ed è necessario trovare strategie che possano favorire gli infermieri nella riduzione degli effetti dell’ansia durante l’attività clinica quotidiana, pur mantenendo adeguati livelli di efficienza e alti standard di sicurezza nell’assistenza erogata.
Occorre precisare che la musica utilizzata negli studi sopra menzionati è standardizzata alla frequenza di 440 Hertz (Hz). Infatti, i suoni che compongono la musica sono generati da forme d’onda e dalla loro frequenza espressa in Hz, e i valori delle frequenze determinano la tonalità ed influiscono sul timbro dei suoni (12; 13). La frequenza attuale di riferimento per l’accordatura degli strumenti musicali è di 440 Hz (14; 15) e corrisponde alla nota musicale LA3 (A4) nell’ottava centrale del pianoforte (13). Esiste anche l’accordatura a 432 Hz. Questa è utilizzata talvolta nel genere New Age (per musica da meditazione) e da alcuni musicisti. La trasposizione da 440 Hz a 432 Hz della musica registrata si può ottenere facilmente tramite software di editing musicale. Sui benefici dell’accordatura a 432 Hz esistono alcuni testi (15; 16; 17; 18) e diverse pubblicazioni nel web (19; 20; 21), per cui la musica a 440 Hz sembrerebbe rendere più ansiosi, nervosi e aggressivi. Di Nasso et al. (2016) suggerisce che l’ascolto di musica a 432 Hz può essere utile nel ridurre l’ansia e il dolore durante le cure odontoiatriche (22), ma in questo contesto non sono stati confrontati gli effetti dell’ascolto di musica a 432 Hz con quelli legati all’ascolto di musica a 440 Hz. In letteratura esiste un solo studio pilota che ha esplorato gli effetti specifici della musica a 440 Hz verso quella a 432 Hz (22). In questo studio, effettuato su soggetti sani, dopo 20 minuti di ascolto di musica a 432 Hz (rispetto all’ascolto di musica a 440 Hz) è stata rilevata una maggiore riduzione della frequenza cardiaca (-4.79 bpm, p = 0.05) e della frequenza respiratoria (1 a.r., p = 0.06), unitamente ad un migliore sensazione di benessere (23).
In questo periodo coronato dall’epidemia del Covid-19, nella AslTo3 è stata implementata l’adozione della musica per supportare il personale ed i pazienti, per alleviare le tensioni e lo stress. Il musicista e biologo Emiliano Toso suona il pianoforte accordato a 432 Hz e sostiene che questa frequenza abbia un effetto benefico su tutti, anche sui pazienti sottoposti a ventilazione meccanica. Il Direttore generale della AslTo3 ha affermato di voler proseguire l’esperimento (anche dopo la fine dell’emergenza da Covid-19) (24).
Di fatto sono pochi gli studi che esplorano gli effetti della musica ambientale (suonata dal vivo o trasmessa in filodiffusione) sugli operatori, anche se in Italia l’iniziativa di Emiliano Toso è stata accolta con piacere in vari ospedali (25).
Data la scarsità di studi su questi argomenti, vista la necessaria attenzione che deve essere rivolta agli infermieri e dato il basso costo degli interventi musicali, sarebbe utile avviare studi che mirino a esplorare a
fondo gli effetti (su emotività, ansia e attenzione dell’operatore, sicurezza delle cure erogate ecc.) dell’ascolto di musica a differenti frequenze (440 Hz vs 432 Hz) da parte degli infermieri durante la loro pratica quotidiana. La presente indagine è un primo punto di partenza, con lo scopo di esplorare le opinioni dei cittadini e degli infermieri riguardo la possibilità di ascolto di musica nei setting assistenziali, per gli operatori durante l’attività lavorativa, e le conoscenze circa la musica a 432 Hz.
MATERIALI E METODI
È stata svolta una web survey, che ha coinvolto cittadini maggiorenni. L’indagine è stata realizzata mediante un questionario on-line costruito ad hoc. Il questionario è stato diffuso per la compilazione tramite i social network (Facebook e Instagram), posta elettronica e WhatsApp, nel periodo 30 Gennaio – 08 Marzo 2020.
Il questionario comprendeva una breve parte introduttiva che specificava gli obiettivi dell’indagine, le modalità con cui si sarebbero stati elaborati i dati e la garanzia dell’anonimato per il compilatore.
Il questionario era articolato in 4 sezioni:
1) socio-anagrafica;
2) gusti musicali e ascolto di musica nella quotidianità;
3) opinioni personali sulla possibilità per i professionisti sanitari di ascoltare musica durante l’attività clinica (setting assistenziali in cui sarebbe possibile l’ascolto e generi musicali ritenuti appropriati);
4) conoscenze circa la frequenza attuale per l’accordatura degli strumenti musicali e sulla musica a 432 Hz.
Inoltre, il questionario comprendeva una domanda filtro, che rimandava ad una sezione specifica per la compilazione esclusiva da parte dei professionisti sanitari.
I dati sono stati elaborati con software EpiInfo v.7; sono state calcolate frequenze, percentuali e medie (a seconda del tipo di variabile). Per indagare la relazione tra suonare uno strumento musicale e conoscenza della musica alla frequenza di 432 Hz e tra essere professionisti sanitari e conoscere musica a 432 Hz è stato utilizzato il test Chi quadro.
RISULTATI
Hanno partecipato all’indagine 341 soggetti, con un’età media 34.21 anni (DS±12,91). Il 97.65% nazionalità italiana (n. 333) e il 91,79% residenti in Toscana (n.131).
La Tabella 1 mostra il dettaglio riferito all’ambito della professione dei rispondenti (Sanitaria e Non sanitaria), con specificazioni sul genere e sull’età. Tra i partecipanti vi erano 83 erano professionisti sanitari, per la maggior parte infermieri (n. 60).
Tra i partecipanti quasi la metà ascolta musica tutti giorni da una a tre ore (n.169), il 19.06% più di tre ore (n. 65) e il 30.21% meno di un’ora al giorno (n. 103). I generi musicali ascoltati sono Pop (n. 300, 87.98%), Rock (n. 245, 71.85%), Musica da film (n. 243, 71.26%), Hip Pop (n. 197, 57.77%), Raggae (n. 186, 54,55%), Rap (n. 169, 49.56%), Classica (n. 165, 48.39%), Jazz (n. 147, 43,11%), New Age (n. 134, 39.30%). La maggior parte ascolta la musica con il telefonino (n. 128, 37.54%) e in auto (85, 24,93%).
Secondo i rispondenti l’ascolto di musica aiuta a concentrarsi sul presente (n. 187, 54.84%), a sentirsi felici (n. 131, 38.42%), a rilassarsi (n. 109 31.96%) e a provare un sentimento di sicurezza (n. 28, 8.21%).
Gli intervistati ascoltano più spesso musica quando svolgono delle attività (n. 303, 88.86%), quando sono in auto (n. 330, 96.77%) e mentre fanno sport (n. 230, 67.45%).
Solo 14 professionisti sanitari (16.87%) sostengono di ascoltare musica “Sempre” o “Spesso” durante la loro attività lavorativa (Tabella 2) e questi risultano impiegati in RSA (n. 4), in area ambulatoriale (4), in area medica (n. 4), in area critica (n. 2).
Tuttavia, a oltre il 90% dei professionisti (n. 75) piacerebbe (“Abbastanza”, “Molto”, “Moltissimo”) poterla ascoltare sempre (Tabella 3). Essi ritengono che possa facilitare il lavoro stesso (n. 78, 93.98%) (Tabella 4), aumentando la motivazione (n. 62, 74.70), creando entusiasmo (n. 73, 87.95%), inducendo calma (n. 80, 96.39) e riducendo ansia e stress (n. 80, 96.39).
Quasi tutti gli studenti in Infermieristica (n. 44, 93.62%) vorrebbero (“Abbastanza”, “Molto”, “Moltissimo”) poter ascoltare musica nel loro futuro contesto lavorativo, ritenendo che l’ascolto faciliti lo svolgimento del lavoro.
Tra gli studenti a indirizzo di studio non sanitario quasi la metà è sempre favorevole all’ascolto di musica per i professionisti sanitari (Tabella 5).
Tra i cittadini non sanitari, solo il 2.3% (n. 4) è contrario al fatto che i professionisti sanitari possano ascoltare musica durante l’attività clinica, perché la ritengono un elemento di distrazione dall’attività clinica.
Il 28.40% (n. 48) sono sempre favorevoli e quasi la metà lo ritengono opportuno a seconda della tipologia di musica e/o di reparto (Tabella 6).
Sui generi musicali ritenuti adeguati all’ascolto da parte dei professionisti sanitari nei setting di assistenza, l’accordo è stato principalmente sulla musica Classica. A seguire, per i cittadini e gli studenti non sanitari la New Age (n.125, 73.96), la Pop per gli studenti in Infermieristica (n. 35, 74.47) e la musica da Film per i professionisti sanitari (n. 59, 71.08) (Tabella 7).
In merito ai setting i cui è appropriato l’ascolto di musica, i professionisti sanitari indicano in primis l’Hospice, i cittadini la Sala Operatoria, mentre la categoria degli studenti (sia in Infermieristica che a indirizzo non sanitario) indica l’area medica (parità di punteggio per gli studenti in Infermieristica per l’area medica con la Sala Operatoria) (Tabella 8).
Del campione totale solo 23 soggetti sanno che la musica che ascoltiamo generalmente è standardizzata alla frequenza di 440 Hz (n. 6,74%) e solo 69 soggetti hanno sentito parlare o conoscono la musica a 432 Hz (20,24%). La Tabella 9 descrive queste conoscenze in base all’ambito della professione.
Il suonare uno strumento musicale è relazionato positivamente con la conoscenza della musica a 432 Hz (x2=20.7970, p=0,000), mentre non è stata evidenziata nessuna relazione tra la conoscenza della musica a 432 Hz e l’essere professionisti sanitari (x2=11.2585, p=0,50).
DISCUSSIONE
I risultati della presente indagine sostengono che non vi è un dissenso da parte dei cittadini non appartenenti al profilo sanitario rispetto all’ascolto musica nei contesti di cura. Infatti, la maggioranza è favorevole al fatto che i professionisti sanitari possano ascoltare musica durante il loro lavoro, seppur dopo valutazione del genere musicale e dello specifico contesto assistenziale.
In parallelo, quasi tutti i professionisti sanitari sono propensi all’ascolto durante l’attività clinica, ritenendo che questa possa addirittura facilitare il lavoro.
Principalmente, la musica Classica e la New Age sono i generi raccomandati dal campione specialmente nei setting come Hospice, Sale Operatorie e area medica. I professionisti sanitari ritengono applicabile l’ascolto in quasi tutti i contesti (con minor enfasi nell’ambito della formazione, dove la percentuale di assenso è ridotta a circa il 30%). Il fatto che quasi tutti i professionisti la considerino applicabile in Hospice fa riflettere. Infatti, l’Hospice è un luogo privilegiato per il “prendersi cura” della persona, nella sua globalità, con un approccio olistico ed è anche un contesto in cui il carico emotivo degli operatori è particolarmente pesante e intenso. La musica a 432 Hz è poco conosciuta sia dai sanitari che dai cittadini laici, ma potrebbe rappresentare un valore aggiunto per il benessere sia dei pazienti che degli operatori, anche se ulteriori studi sono necessari per confermare quanto sostenuto dal biologo e musicista Toso e dagli altri autori prima citati (15; 16; 18; 23).
La musica negli ambienti ospedalieri, trasmessa in filodiffusione, potrebbe contribuire a mitigare il fastidio legato ad alcuni rumori tipici, ma non dovrebbe in alcun modo costituire un ulteriore fonte di disagio o disturbo.
Infatti, gli ospedali sono luoghi di cura e di “tregua” dove le persone dovrebbero sentirsi tranquille ma, per via dell’esigenza di vari servizi, del progresso tecnologico e della necessità di monitoraggio (e quindi della presenza, ad esempio, degli allarmi nelle unità di cure intensive), sono divenuti ambienti sempre più rumorosi (26).
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda negli ospedali livelli sonori di 35 dB durante il giorno e di 30 dB durante la notte (27), ma in molti ospedali questi livelli vengono superati (28), mettendo a rischio le capacità di ascolto degli infermieri (29).
La presente indagine ha numerosi limiti, oltre a quelli impliciti legati all’utilizzo di questionari on-line, sicuramente è da sottolineare la bassa numerosità campionaria (per cui i risultati non sono generalizzabili) e l’utilizzo di uno strumento non validato per la raccolta dei dati.
La presente survey ha la sola finalità di focalizzare l’attenzione su ciò che potrebbe rappresentare una grande risorsa, a basso costo, per supportare e “potenziare” gli infermieri durante la loro pratica quotidiana.
È pacifica la necessità di implementare studi rigorosi per indagare a fondo gli effetti dell’ascolto di musica sugli infermieri durante l’attività clinica, sia sul loro stato emotivo che sulla concentrazione e sicurezza delle attività svolte (tecniche, relazionali e di giudizio clinico). Da studiare anche i generi musicali più appropriata, la frequenza della musica e il volume del suono (espresso in decibel).
Potrebbe essere utile iniziare il percorso di validazione di una parte del questionario utilizzato, in maniera da creare uno strumento fruibile nei vari contesti di cura, per raccogliere in maniera omogenea i punti di vista e le preferenze degli infermieri.
Indubbiamente, data la vastità dell’argomento e la necessità riportata in diversi studi di personalizzare la risorsa-musica, sono raccomandati studi sul campo, combinando vari metodi (quantitativi e qualitativi) e strumenti per la raccolta dei dati.
CONCLUSIONI
L’ascolto di musica negli ospedali e nei vari contesti di cura, in maniera che anche gli operatori possano beneficiarne, sembra riscuotere un alto livello di consenso sia da parte dei cittadini che dei professionisti sanitari.
Al fine di valutare gli effetti dell’ascolto di musica durante l’attività lavorativa (sulla salute del personale, sui pazienti e sulla sicurezza clinica), è necessaria la conduzione di studi di buona qualità. Tali studi dovrebbero esplorare l’impatto legato ai generi musicali, ai volumi di ascolto e alle frequenze (440 Hz versus 432 Hz).
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