Mammì: «La vera rivoluzione è valorizzare la categoria degli infermieri»

di Beatrice Botticelli

L’onorevole pentastellata: «Relativamente al vincolo di esclusività occorre una piena abolizione»

Carenza d’infermieri, autonomia professionale, infermieristica di famiglia e di comunità, formazione. Sono alcuni dei temi su cui si è concentrata l’onorevole pentastellata, Stefania Mammì, infermiera e membro dal 2018 della XII Commissione Affari Sociali.

Partiamo dalla formazione. Nei giorni scorsi il Governo ha aumentato i posti nei corsi di laurea in infermieristica, anche se meno di quanto sperato. Cosa ne pensa?

«In questo mandato ho ben chiara la strada da percorrere e gli obiettivi da raggiungere e uno di questi era proprio l’aumento dei posti nei corsi di laurea in infermieristica. Con un mio emendamento, poi trasformato in Ordine del giorno al Decreto Sostegni-bis si è impegnato il Governo ad aumentare il numero degli studenti in Infermieristica sin da quest’anno accademico 2021/2022. Tra l’altro già precedentemente, in corso di esame dell’ultima legge di Bilancio alla Camera, era stato accolto un altro mio ordine del giorno con cui impegnavo il Governo nella medesima direzione».

Sappiamo bene che in Italia mancano gli infermieri. Oltre all’aumento dei posti nei corsi di laurea, quali sono le strade da percorre per colmare questa lacuna e migliorare l’assetto dell’assistenza infermieristica?

«Mancano gli infermieri, carenza divenuta strutturale nel corso degli anni e fortemente esasperata dalla pandemia. Diciamolo francamente: oltre ad aumentare il numero, penso che la vera rivoluzione sia quella di valorizzare la categoria, riconoscendo le competenze professionali degli infermieri, sempre più specifiche, all’interno dell’organizzazione dei servizi sanitari. I contratti di lavoro devono essere più dignitosi, prevedere un giusto riconoscimento economico, commisurato al contenuto e anche alle responsabilità professionali. La figura è molto vicina al paziente e nella riforma sanitaria giocherà un ruolo di integrazione tra la sanità ospedaliera e quella territoriale (mi riferisco ad esempio alle Case della Comunità e al potenziamento dell’infermiere di famiglia). Proprio qualche settimana fa l’Aran ha convocato le rappresentanze sindacali del comparto sanità per l’avvio delle trattative del rinnovo contrattuale 2019-2021, che proseguiranno a settembre e dove vivamente auspico che verrà mantenuta la già espressa volontà di riconoscere l’impegno profuso dal settore infermieristico nell’emergenza sanitaria da Covid-19, per giungere così a una reale valorizzazione professionale di chi opera in un delicato e nevralgico ambito come questo».

In tema di infermieristica territoriale, su cui lei ha lavorato molto rendendo di fatto possibile la nascita della figura dell’infermiere di comunità. Cosa pensa si possa fare ancora per rendere capillare questo peculiare tipo di assistenza?

«Con l’emergenza Covid-19 sono emersi tutti i punti deboli del nostro SSN. L’assistenza territoriale è inadeguata e molti cittadini sono stati lasciati senza protezione. A pagarne le spese sono state soprattutto le famiglie delle persone più fragili. Nel decreto Rilancio è stato introdotto quanto già previsto nella mia proposta di legge, ossia il riconoscimento dell’infermiere di famiglia e di comunità, come figura in grado di potenziare la rete di sorveglianza territoriale con un ruolo fondamentale per garantire la continuità assistenziale del cittadino. Se solo fosse stata già introdotta omogeneamente su tutto il territorio nazionale! In Regione Lombardia il M5S l’ha proposto già durante la scorsa legislatura, ma la giunta Maroni l’ha ignorata e sappiamo tutti com’è andata. Anche se ad oggi la percentuale di infermieri di famiglia e di comunità inseriti nei servizi offerti sul territorio è ancora inferiore rispetto a quella prevista dal decreto Rilancio, ossia 8 unità ogni 50.000 abitanti, penso che una spinta decisiva di questa figura sarà rappresentata dalle indicazioni contenute nel PNRR, alla Missione 6, dove all’infermiere di famiglia e di comunità viene affidato un ruolo di prim’ordine sia nell’ambito delle Case della Comunità e sia nell’ambito dei progetti di potenziamento dell’assistenza domiciliare. Grazie ai fondi del PNRR, ottenuti in Europa grazie ai negoziati di Giuseppe Conte, saranno infatti investiti quattro miliardi di euro nelle cure domiciliari, proprio per portare l’assistenza pubblica e le cure migliori direttamente nelle case dei pazienti, allontanando la visione ospedalocentrica che ha fallito durante l’emergenza pandemica. Il PNRR prevede che per il 2027 la dotazione di personale infermieristico aumenti dalle 332.292 unità odierne fino a 402.352, con un incremento del 21%».

Lei si sta battendo anche per il superamento del vincolo di esclusività degli infermieri, e quindi per il riconoscimento dell’autonomia professionale degli infermieri che lavorano nel pubblico. A che punto siamo e cosa comporterebbe questo passaggio?

«Da tempo mi batto per il superamento del vincolo di esclusività e, benché sia in atto un allentamento, occorre una piena abolizione, di cui gioverebbe prima di tutto ogni singolo individuo. In fase di approvazione del decreto Milleproroghe è stato accolto un mio Ordine del giorno che impegna il Governo a rimuovere il vincolo e consentire agli infermieri di esercitare l’attività libero professionale, al di fuori degli orari di impiego, proprio  per rispondere ai crescenti bisogni di assistenza domiciliare per i minori con grave disabilità. Tra l’altro l’impegno assunto dal Governo ha trovato applicazione nello stesso Decreto Sostegni, dove è stato introdotto un allentamento del vincolo di esclusività per gli infermieri dipendenti, che in tal modo hanno potuto offrire il proprio contributo nella campagna vaccinale. Penso sia un importante passo avanti, ma mi impegnerò affinché il passo successivo sia quello dell’abolizione del vincolo di esclusività, non solo per il pieno riconoscimento della professione, ma soprattutto per rispondere ai bisogni dei cittadini, a cominciare da chi necessita di assistenza domiciliare integrata che ad oggi sta pagando sulla propria pelle la carenza di personale infermieristico».

 

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