Diventare infermiere ai tempi del Covid: intervista a Salvatore Musmeci

Musmeci ha iniziato a lavorare subito dopo la laurea, per poter dare una mano in fase d’emergenza

Salvatore ha 22 anni, è nato e cresciuto ad Acireale (Catania). A 19 anni, subito dopo il diploma, si è trasferito a Firenze con la borsa di studio e ha intrapreso il percorso per diventare infermiere. Qualche mese fa ha conseguito la laurea ed è subito andato in reparto, ad aiutare. La storia di un giovane, che vive e lavora lontano da casa e che nonostante le difficoltà del periodo e quotidiane, dà una mano concretamente esercitando la sua professione.

Come mai hai scelto infermieristica?

«Io ho studiato per diventare un geometra ma non sono abilitato, perché ho scoperto che quel mondo non mi appassionava e non mi apparteneva; mentre quello della medicina mi era più vicino. L’infermieristica è una delle professioni che mi rappresenta di più, mi piace prendermi cura delle persone».

Come è stato a livello di formazione il 2020?

«Il 2020 dal punto di vista formativo è stato parecchio travagliato, tra vari alti e bassi, soprattutto dal punto di vista dell’organizzazione, per le modalità di verifica e per gli esami rimandati. Io ero un borsista e non volevo andare fuoricorso, rischiavo di trovarmi senza borsa e perdere tutto. Ho avuto molto paura appunto di perdere la possibilità di laurearmi in tempo. Inizialmente la prospettiva era l’annullamento dei tirocini (cosa che avrebbe impedito laurea)».

Il tirocinio che modalità ha avuto?

«Nella sede di Empoli abbiamo fatto tirocinio fino a fine febbraio, la mia terza esperienza sarebbe iniziata a marzo (in pronto soccorso pediatrico al Meyer). Invece da marzo a giugno il tirocinio è stato interrotto; potevamo fare solo lezioni ed esami online, ed è stato difficile. Poi verso metà giugno sono stati attivati i tirocini a distanza, 197 ore di formazione durante le quali ci chiedevano di risolvere casi clinici con annessi elaborati per sostituire le ore ‘sul campo’. A metà luglio la situazione è diventata più calma e il 4 agosto abbiamo ricominciato il tirocinio. È stato difficile da gestire soprattutto per i fuori sede come me che di solito in estate tornavo a casa. Stavolta ho passato tutto il mese di agosto a fare tirocinio. Anche perché se non lo avessi fatto, avrei perso la possibilità di laurearmi in anticipo per accedere alla magistrale. Poi il test è stato annullato e forse verrà fatto verso marzo. Non è stato facile: puntavo alla magistrale, al mantenimento della borsa di studio, invece ho dovuto cercare casa in affitto all’ultimo minuto in piena seconda ondata di pandemia».

Come funziona la magistrale?

«La magistrale dura due anni e mezzo. I temi sono management e gestione risorse».

Perché hai scelto Firenze?

«Ho scelto Firenze perché prima di trasferirmi mi sono informato sulla qualità dei sistemi sanitari. L’area che mi ispirava di più era Firenze: sia per l’offerta formativa universitaria sia per il sistema sanitario. E anche per le dimensioni della città, adatte alle mie esigenze. Venendo da una piccola città era l’ideale, non dispersiva quanto Milano o Roma».

Come ci si sente a essere neolaureati in tempi di Covid?

«È strano. È successo tutto così in fretta che non me ne sono nemmeno ben reso conto. Tutti questi passaggi veloci uno dietro l’altro: fino al giorno prima eravamo a pensare allo studio e gli esami e poi ci siamo ritrovati a lavorare. Ho fatto sette giorni di affiancamento in un reparto di medicina high care. Un reparto molto complesso che poco dopo il mio arrivo è diventato una sub-intensiva Covid. Ho fatto un mese intero con tutti pazienti più critici, con caschi Cpap e NIV. Tutto sommato mi sono trovato bene; sicuramente una situazione difficile dovuta a tuta, mascherine e ai turni di 6 ore di notte, tra sudore e schermo della visiera appannato. Ti prova fisicamente e mentalmente. Però ho trovato tanta disponibilità e tanto aiuto da parte dei colleghi, un lavoro di team efficace ed efficiente. Da poco siamo tornati ad essere medicina high-care Covid-free».

Le istituzioni vi sono state vicine?

«Sì, molto. L’Ordine ci ha aiutato velocizzando la parte burocratica per l’iscrizione ufficiale all’albo. Questo ci ha permesso di cominciare a lavorare subito dopo la laurea, e poter dare una mano in quella situazione di emergenza sanitaria».

Cosa diresti a chi inizia adesso il corso di laurea in infermieristica?

«A chi inizia ora a studiare infermieristica direi che il lavoro dell’infermiere è duro e faticoso. Bisogna essere dediti alla professione, sentirla quasi come vocazione per poter continuare a fare questo lavoro. Soprattutto da neolaureati ci si troverà in difficoltà, ma non mollate, perché se hai scelto infermieristica, hai fatto scelta giusta».

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