Essere infermiere oggi. Il sindacalista Carbocci: «Stipendio non adeguato a ruolo e a costo della vita»

«Lo stipendio di chi oggi svolge la professione infermieristica non è adeguato né alla professione svolta, né ai costi della vita». A lanciare l’allarme è Daniele Carbocci del sindacato Nursind. «L’ultimo contratto nazionale – spiega – non ha dato risposte sulle indennità che sono rimaste invariate rispetto a quelle del 1999, quando c’era ancora la lira». In questa situazione ad essere maggiormente penalizzato è l’infermiere turnista «che ha vissuto una vera e propria mortificazione contrattuale a causa dei paletti inseriti per avere le indennità».

La fotografia è quella di una media di stipendi che non è rapportata al percorso professionale e alle responsabilità che un infermiere deve affrontare nelle sue attività quotidiane «senza contare –  aggiunge Carbocci – che la differenza media sullo stipendio base tra un giovane neoassunto e un infermiere che sta per andare in pensione è di circa 350 euro». A penalizzare fortemente la categoria il blocco di 10 anni per l’avanzamento di fascia: «Chi ha 30 anni di carriera alle spalle ha perso 10 anni rispetto a chi entra ora nel mondo del lavoro» sottolinea Carbocci.

Una situazione ancora più pesante se si pensa che un infermiere italiano guadagna in media il 30% in meno rispetto ad un collega tedesco, francese, inglese e spagnolo. Ma ha una preparazione migliore. Motivo per cui molti Paesi europei cercano in Italia gli infermieri per le loro strutture pubbliche e private e i giovani scelgono di lasciare il Bel Paese: le condizioni economiche sono nettamente migliori e possono svolgere al meglio la professione. «Negli altri Paesi europei i contratti sono migliori – spiega Carbocci – e l’infermiere ha più autonomia nella presa in carico del paziente e nella programmazione sanitaria. All’estero il lavoro è più gratificante».

In questa situazione il sindacato Nursind: «per la prima volta lo scorso anno si è seduto al tavolo della trattativa per il contratto della sanità pubblica – sottolinea Carbocci –  confrontandosi con il mondo sindacale e con l’Aran (L’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni) e rendendosi conto che la professione infermieristica è poco considerata». Anche per questo «non abbiamo firmato l’ultimo contratto della sanità, visto che non prevedeva aumenti salariali ma comprendeva norme giuridiche che hanno peggiorato la professione nelle realtà ospedaliere» dichiara Carbocci spiegando che «il paradosso dell’ultimo contratto è che le norme in esso contenute rischiano di far perdere soldi agli infermieri per via delle nuove modalità di calcolo delle indennità. E questo per noi era inaccettabile. Il nostro obiettivo è elevare professionalmente il ruolo dell’infermiere e rivalutare gli stipendi ma troppo spesso dobbiamo scontrarci con forze sindacali generaliste che non hanno un’attenzione specifica alla professione» conclude Carbocci.  

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