Indagine rivolta ai cittadini e agli operatori sanitari che hanno avuto necessità di presentare o dare informazioni inerenti le Disposizioni Anticipate di Trattamento

Di Maria Rasenti e Mara Fadanelli

Questa ricerca nasce per comprendere quanto la popolazione e i professionisti sanitari siano a conoscenza della legge 219/17, in particolare, delle Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT). La legge 219/17 “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” tutela il diritto dell’autodeterminazione della persona, evidenzia l’importanza del consenso informato riconoscendo il tempo della comunicazione come tempo di cura, disciplina le dichiarazioni anticipate di trattamento e la pianificazione condivisa delle cure. Fra le novità che ritroviamo c’è la possibilità di interrompere le cure già iniziate comprese la nutrizione e l’idratazione artificiale. Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente e in conseguenza di ciò è esente da responsabilità civile o penale. Questa legge ha portato molte novità nell’ambito sanitario, chiarendo interrogativi e dibattiti sul fine vita.

Metodi e strumenti

L’indagine è stata rivolta ad un’ampia popolazione di soggetti, maggiorenni, cercando di raggiungere diverse fasce di età e provenienza. La durata della somministrazione è stata di tre settimane (Febbraio 2021) durante le quali è stato possibile raggiungere 283 risposte. Lo strumento utilizzato per raccogliere le risposte al questionario è stato “Google Forms” ®. Il questionario è stato rivolto a medici (10,6%), infermieri (18%) e cittadini (71,5%).

L’ultima sezione era dedicata alle persone con malattia cronica invalidante o ai familiari. Le domande in totale erano 32; 12 domande per medici e infermieri; 7 domande per i cittadini; 9 domande per il paziente o i suoi familiari.

 

Risultati

Analizzando i vari risultati, partendo dalla conoscenza della Legge 219/17, il 34,60% degli operatori sanitari afferma di conoscerla abbastanza, mentre il 47,03% dei cittadini afferma di averne sentito parlare ma non la conosce bene ed il 28,22% non ne ha mai sentito parlare.

Dai risultati si evince che il 69,14% degli operatori sanitari non ha mai seguito corsi di formazione inerenti a questo argomento. Molto spesso, se non affrontati nel percorso di studi, questi argomenti non vengono più trattati nel corso degli anni lavorativi.  Sempre nella sezione dedicata agli operatori sanitari veniva chiesto se era capitato di assistere/curare pazienti con una malattia inguaribile che avevano presentato le DAT, il 73,42% afferma che non è mai capitato e solo al 12,66% è capitato.

L’obbiettivo primario della ricerca era comprendere le difficoltà riscontrate nella presentazione/gestione delle DAT sia dalla parte degli operatori che dalla parte dei pazienti. Nella parte dell’operatore sanitario veniva domandato se erano state rispettate le volontà della persona riportate nelle DAT ed il 38,50% afferma “molto”. Si evince che i sanitari sono disposti ad essere più informati sugli argomenti che tratta la legge, infatti l’86,42% afferma di voler approfondire le loro conoscenze proprio per essere d’aiuto al paziente. Per quanto riguarda la sezione del cittadino alla domanda “Vorrebbe lasciare per iscritto le sue volontà di ricevere o meno cure in caso si trovasse, in futuro, nella situazione di impossibilità di decidere a seguito di malattia, incidente o altre cause?”, il 50,99% ha risposto di “si” ed il 41,09% afferma di non essersi mai posto il problema, ma che vorrebbe avere informazioni in merito. Alla domanda “Ha già compilato le Dat?” il 68,32% ha risposto “no” ed il 29,11% ha risposto “no, perché non so quale sia il percorso da seguire”.

Si deduce che se non in caso di necessità il cittadino non si preoccupa di determinati argomenti, ovvero se non viene a contatto con determinate situazioni, le persone tendono a non informarsi. Molto interessanti sono i risultati nella sezione dedicata al malato e ai suoi familiari. Alla domanda “Lei o il suo familiare è stato informato, dal medico, sulle cure che avrebbe dovuto seguire?”, il 60,71% ha risposto “si”, il 14,29% ha risposto “no” mentre il 25,00% ha risposto “sì, ma non in modo chiaro”.

Per quanto riguarda la qualità delle informazioni ricevute il 53,57% afferma che i medici hanno chiarito abbastanza tutti i dubbi e il 60,71% ha affermato che le spiegazioni fornite erano chiare. La chiarezza delle informazioni date è fondamentale nel rapporto di cura è e il 60,71% ha dichiarato che i medici hanno saputo rispondere a tutte le domande. Obiettivo della ricerca era appunto comprendere la quantità e la qualità delle informazioni date dagli operatori sanitari e comprendere l’efficacia della relazione di cura, alla domanda “Ha trovato comprensibile il linguaggio con cui è stato informato?”, il 35,71% ha risposto “molto”, mentre il 25% ha risposto “poco”. Molto interessanti sono i commenti rilasciati in questa sezione, si evince che molto spesso il tempo a disposizione per la relazione di cura non è adeguato e molto frequentemente il sanitario è troppo “frettoloso” e questo va ad incidere nella cura. Viene affermato nei commenti “Pesante, stressante e a tratti poco chiara”; “Credo ci sia bisogno di più chiarezza e più coordinazione tra i vari medici e personale sanitario”; “È piuttosto duro accettare una malattia invalidante con tutto quello che ne consegue, a livello psicologico, ci sono difficoltà soggettive e obiettive da superare nel quotidiano ma quando devi lasciare qualcosa di importante sei solo, tocca a te scegliere (ma non è una scelta è una necessità) e in quel momento sei proprio solo”; “Sia con i medici che con gli infermieri le relazioni non sono identiche: ci sono persone più o meno coinvolte, altre non preparate, altre comprensive e competenti, efficaci, generose. Dipende dalla persona, dal momento, dalla situazione”. Ogni malato e ogni famiglia vive un’esperienza di malattia diversa, dai risultati e dai commenti si capisce bene che non è sempre facile interfacciarsi con la malattia e tutto quello che ne consegue, in primis per l’accettazione della malattia e a seguire il percorso terapeutico/di cura da intraprendere.

 

Conclusioni

 

In conclusione, si può affermare che sarebbe necessaria una sensibilizzazione/formazione sull’argomento sia per gli operatori sanitari che per i cittadini. Guardando al futuro maggiore informazione ed educazione degli operatori sanitari porterebbe a maggior consapevolezza anche del cittadino; viene confermata l’importanza di un’adeguata formazione in questo ambito, essendo poi questo un argomento in continua evoluzione, servirebbe un aggiornamento continuo. Sarebbero necessarie campagne di sensibilizzazione anche per il cittadino che è incuriosito sull’argomento ed ha necessità di informazioni. Dato che molte sono le informazioni su internet, molto spesso troppe o non affidabili, una prima figura di riferimento e quindi di informazione è sicuramente il medico di medicina generale che indirizza verso fonti sicure e certe. Opuscoli, volantini e altro materiale informativo aiuterebbero i cittadini a fare chiarezza sul significato delle DAT, così da porre ulteriori domande al medico di medicina generale o altri specialisti che poi indirizzeranno la persona. Da giugno 2021, la Regione Toscana ha avviato il percorso di raccolta delle DAT che confluiranno nella Banca Nazionale. Ogni Azienda ASL e Ospedaliera avrà degli sportelli, con degli operatori preparati, dove i cittadini che lo desiderano potranno rivolgersi per depositare le DAT. Tutto questo sarà accompagnato da una campagna informativa/formativa sostenuta dalla Regione stessa con il supporto della Commissione Regionale di Bioetica, dei Comitati per l’Etica Clinica delle ASL e dagli Ordini professionali. La Regione Toscana è la prima in Italia ad aprire questo percorso. Il cammino sarà lungo ma è un inizio importante.

 

 

 

 

 

 

 

 

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