Indennizzo ai sanitari: dettagli e prospettive

Il punto nell’intervista a Simone Baldacci delegato FP CGIL Usl Toscana Centro

«È stato raggiunto un accordo importante che riconoscere un indennizzo economico agli operatori della sanità toscana impegnati in prima linea nell’emergenza Coronavirus. Ma soprattutto sono state poste le basi per la valorizzazione economica stabile di infermieri e Oss». Lo afferma Simone Baldacci delegato FP CGIL Usl Toscana Centro alla luce dell’accordo a favore dei 38mila dipendenti delle strutture sanitarie pubbliche toscane, siglato nei giorni scorsi dal presidente della Regione Enrico Rossi e dai rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl e Uil, della dirigenza medica, sanitaria, veterinaria e delle professioni sanitarie. Accordo che lo scorso 15 aprile è stato ratificato da una legge d’iniziativa del presidente Rossi e dell’assessore alla Sanità, Stefania Saccardi votata a maggioranza dal Consiglio Regionale della Toscana. Con la legge sono stati stanziati 31 milioni e 520mila euro per finanziare le misure economiche a sostegno del personale impegnato nella gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid 19.

«Si tratta di un indennizzo, non di non un incremento economico contrattuale, trattato con la Regione per dare un segnale ai professionisti duramente messi alla prova in questo periodo di emergenza- spiega Baldacci-». È prevista una distinzione in tre fasce a seconda del rischio biologico a cui i professionisti sono esposti: 45 euro al giorno per chi sta in area Covid, 25 per chi è vicino all’area Covid e 20 euro per chi è in area no Covid. Perché?«Trattandosi di un indennizzo e non di un’indennità, l’obbiettivo è stato quello di dare a coloro che sono in prima linea, i più esposti, un riconoscimento maggiore. E non solo a medici e infermieri ma a tutti quelli che hanno ruotato attorno ai reparti, dal tecnico di radiologia al tecnico di laboratorio. Il fatto che l’indennizzo sia uguale per tutti, dal medico, all’infermiere all’Oss è una cosa storica in Italia».

Come si è arrivati all’accordo?

«Alcuni, in Regione, sembravano più propensi a estendere a chi lavora nei reparti Covid l’indennità di rischio per malattie infettive. Ma questa sarebbe stata una doppia beffa. Non avrebbe tenuto conto delle persone che non hanno lavorato nei reparti no Covid. E invece tutti hanno dato il loro contributo. Poi, estendere l’indennità di malattie infettive senza aumentare le risorse del fondo contrattuale (Fondo del Disagio) bloccato per la Legge Madia, avrebbero significato farla pagare ai lavoratori stessi. Avremmo utilizzato risorse già destinate ad altri lavoratori. Inoltre con questo procedimento un turnista arriva a prendere 1300 euro, un giornaliero 1750; con l’indennità di rischio sarebbero stati 100 euro in più al mese lordi. Quindi abbiamo insistito per proseguire su questa strada e alzare il tiro politico».

Cosa intende?

«L’obbiettivo vero di questo accordo è scardinare la Legge Madia del 2017, per la quale i fondi dei contratti per il pubblico impiego non possono aumentare di valore rispetto all’anno precedente. Questo significa che la categoria è tuttora ancorata al 2016. Se non riusciamo a smuovere questa legge non riusciremo mai a dare la giusta valorizzazione economica a infermieri e Oss in particolare. In tutte le Asl ci sono risorse congelate per questo meccanismo che blocca l’immissione di denaro nei fondi dei contratti per il pubblico impiego. La Regione Toscana con questa legge si è impegnata a mettere risorse in questi fondi: in questo modo contesta la legge Madia. E si assume la responsabilità di una battaglia. Ma il Ministro dell’Economia e delle Finanze potrebbe impugnarla, generando un contrasto tra Regione e Governo».

Quindi si tratta di un’iniziativa tutta Toscana?

«Il nostro esempio è già stato seguito dall’Emilia Romagna e spero che molte altre regioni lo facciano. Se tutte si schierassero su questa linea il parlamento ne dovrebbe prendere atto. O lo facciamo adesso o non lo facciamo più. Perché quando l’emergenza, si spera presto, sarà alle mostre spalle tutti avranno ormai dimenticato quale peso hanno avuto i professionisti sanitari in questo frangente. Proprio in questo momento in cui tutti gli occhi sono puntati sui nostri sanitari abbiamo lanciato un guanto di sfida al governo: passare dalla retorica alla politica dei fatti. E i fatti dicono che serve un riconoscimento duraturo».

Altri obbiettivi?

«L’altra cosa in cui speriamo è il rinnovo del contratto, tale da prevedere un giusto riconoscimento. Non solo dal punto di vista economico. Come Cgil abbiamo già abbozzato un’idea che prevede il superamento del sistema del classificatore e si basa invece sul modello di contratto dei medici. Ovvero progressione degli incarichi attraverso l’acquisizione di competenze. Serviranno più risorse rispetto all’ultimo, scaduto a dicembre 2018. Quello a cui dobbiamo puntare è la rimozione di tutti quegli ostacoli legislativi che non permettono la giusta valorizzazione e il pieno sviluppo delle professionalità. Altrimenti tutte le misure restano solo palliativi».

Sono state mosse delle critiche a questo accordo, come risponde?

«Ci sono state critiche anche legittime. La prima stesura di questo accordo, ad esempio, ha reso un’immagine sfocata della situazione perché fatta a livello regionale sulla base di Aziende sanitarie con un’organizzazione molto diversa fra di loro. È stato un errore inserire gli amministrativi o i bed manager in fascia ‘A’ insieme a quelli che io chiamo gli ‘scafandrati’. Il maggior indennizzo deve andare chi davvero ha visto un aumento del lavoro, dello stress e vive nell’ansia di portare il Covid a casa dei familiari. Questa è una critica che accetto e posso dire che stiamo già rimediando. Non accetto invece le critiche perché si tratta di un indennizzo una tantum. Ora non poteva essere che questo. Solo con la revisione della legge Madia potremmo ottenere qualcosa di più concreto».

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