L’infermiere Maresciallo Borzacchiello: «La mia professione una mission per dare risposte a chi chiede aiuto»

Una professione intesa come vera e propria mission per aiutare il prossimo dando risposta e aiuto concreto a chi è in difficoltà. E’ quella di Camillo Borzacchiello, 50 anni, infermiere militare e Primo Maresciallo dell’Esercito in servizio allo Stabilimento Farmaceutico Militare di Firenze. Nel 2007 il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo ha nominato Cavaliere della Repubblica. Lo abbiamo intervistato in occasione della Giornata Internazionale dell’infermiere in programma il 12 maggio.

Quando ha deciso che sarebbe diventato infermiere?

«Da sempre sono stato guidato dalla passione per essere utile al prossimo per questo nel 1990 mi sono arruolato come sottoufficiale dell’Aeronautica Militare, avvicinandomi alla categoria ‘sanità’ e dopo un diploma conseguito all’Umberto I di Roma e una laurea in Scienza infermieristiche ho svolto il tirocinio in ospedale a Caserta dove ricordo ancora una paziente mi scrisse su un biglietto ‘Non mi lasci morire’. Ho sempre voluto essere utile per chi ha bisogno di cure».

 In cosa consiste la sua attività?

«Sono responsabile dell’Unità operativa ‘Farmaci orfani’ e questo mi permette un contatto diretto con i pazienti che chiamano lo Stabilimento da tutta Italia per il diritto alla terapia. In oltre sono responsabile comunicazione dello Stabilimento Farmaceutico Militare di Firenze e svolgo attività di assistenza sanitaria dei colleghi, partecipo a conferenze, promuovo corretti stili di vita e sono un punto di riferimento per i malati rari.  Inoltre sono autore di numerose pubblicazioni sulla figura dell’infermiere militare».

Quanto è importante la formazione nel suo ruolo?

«E’ importantissima e deve essere continua per essere sempre al passo con i tempi e seguire l’evoluzione delle moderne tecnologie».

Come è la sua giornata tipo?

«Le mie giornate sono molto variegate. In genere comincio alle 7,30 gestendo, insieme ai mie colleghi, gli ordini che ci giungono da singoli pazienti e ospedali per farmaci orfani e cannabis terapeutica; poi mi occupo dell’assistenza sanitaria dei colleghi e della medicina del lavoro, curo i rapporti con le associazioni e le scuole per l’alternanza scuola/lavoro e risolvo problemi di logistica».

Cosa direbbe ad un giovane che si affaccia oggi alla professione?

«Gli direi che questa è una professione bellissima che deve essere guidata dalla passione. E’ una vera e propria mission per dare risposte a chi chiede aiuto, bisogna essere animati da profondo amore verso chi soffre. Essere infermiere militare significa curare in modo diverso da un infermiere civile ma in modo altrettanto utile e bello».

 

 

 

 

 

 

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