«Ci vuole più coraggio per far crescere la professione infermieristica»

Saverio Proia, già dirigente del Ministero della Salute, commenta la situazione alla luce della legge 251/2000

Professione infermieristica e legge 251/2000. Ne abbiamo parlato con Saverio Proia, già dirigente del Ministero della Salute, che ha lavorato proprio alla strutturazione della Legge 251/2000.

Quanto è stato fatto in questi ultimi anni per il riconoscimento al valore della professione infermieristica?

«Sul piano formale, legislativo, anche (ma non solo) per effetto dell’attuale pandemia, è stato fatto tanto: è stato realizzato un percorso dalla ausiliarietà fino al riconoscimento dell’autonomia professionale. Finalmente l’infermiere è riconosciuto oggi come attore protagonista, insieme al medico, ovviamente, del sistema delle cure».

Quanto ancora ci sarebbe da fare?

«Tanto. A iniziare dal riconoscimento sostanziale, passando per l’adeguamento salariale veramente inadeguato se si tiene conto della formazione conseguita e delle responsabilità esercitate. Occorrono un nuovo ordinamento contrattuale che crei un sistema degli incarichi, sia professionali che gestionali, analoghi alla dirigenza medica e sanitaria, una laurea non solo gestionale e didattica ma anche con indirizzi clinici e specialistici superando i master specialistici mai realmente decollati. Inoltre, esperienze positive di infermieri direttori di distretto (come il direttore assistenziale della Regione Emilia-Romagna) dovrebbero essere estese e non rimanere casi isolati. Ovviamente, anche l’istituzione reale e diffusa dell’infermiere di famiglia/comunità farebbe la differenza tra la vecchia e attuale sanità territoriale e la nuova che si vuol costruire con il PNRR».

Cosa allontana ancora il nostro sistema sanitario da quello degli altri Paesi europei?

«Un maggiore coraggio ad affrontare e risolvere le questioni del personale del SSN, a iniziare dagli infermieri. Ne è un esempio la debolezza dimostrata nella vicenda relativa all’attuazione delle competenze avanzate e specialistiche degli infermieri di fronte alla contrarietà di parte del mondo medico».

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