Manifestazioni degli infermieri: intervista a Claudia Santucci, coordinatrice toscana del Movimento nazionale

Nei giorni scorsi, anche Firenze e Pistoia hanno ospitato le manifestazioni del Movimento nazionale infermieri. Per capirne di più abbiamo intervistato Claudia Santucci, coordinatrice toscana del Movimento.

Laureatasi nel 2005 all’università degli studi La Sapienza di Roma. Claudia ha conseguito un master in area critica ed emergenza (Roma, 2006) e un master in coordinamento infermieristico donazione e trapianto organi e tessuti a Pisa nel 2013. Attualmente lavora nella rianimazione pediatrica dell’ospedale pediatrico Meyer dal 2009.

Fa parte del Movimento Nazionale Infermieri, aggregazione spontanea che dà      voce a oltre 40mila infermieri d’Italiana, nata quando è sorto il bisogno di dare un’identità che fosse al di fuori di sfaccettature partitiche e dai canoni sindacali. Insomma una mobilitazione, un’azione collettiva che propone un cambiamento dei valori, che è iniziata con un flash-mob e che mira al riconoscimento dei diritti degli infermieri. 

Cosa ha fatto scaturire la manifestazione?

«È nata da un piccolo gruppo di infermieri che lavorano a Roma, uno di loro è Diego Romiti, che è stato un po’ l’ideatore della manifestazione. Io l’ho conosciuto a Bergamo lavorandoci insieme durante l’emergenza Covid-19. Avevano creato questo gruppo, che all’inizio sembrava ristretto alla realtà romana. Tutto è scaturito dall’ennesima presa in giro nei confronti della professione infermieristica: dopo averci chiamati eroi e aver speso tante parole, le promesse sono cadute nel vuoto. Ne è derivato un malcontento generale e adesso siamo oltre 40mila. C’è stata una buonissima risposta alla manifestazione».

Quali sono gli obbiettivi della manifestazione?

«L’obiettivo principale è riformare completamente l’inquadramento della professione a livello legislativo. Il contratto che abbiamo è infatti fermo, come succede per tante categorie. Vorremmo ri-stipulare un nuovo contratto a partire da zero, che ci scorpori dal comparto sanità che include i contratti di tutte le professioni sanitarie. Vorremmo un contratto a parte perché la categoria ha delle responsabilità differenti rispetto ad altre professioni sanitarie. Dalla riforma del contratto si avrebbero poi una serie di conseguenti modifiche nella gestione della nostra professione, come l’intramoenia, adesso garantita solo ai medici, mentre sarebbe meglio se fosse consentita anche agli infermieri. Come è emerso durante la pandemia, il territorio è stato completamente abbandonato. Chi lavora nel pubblico ha un contratto di esclusiva con l’azienda per cui lavora e ciò impone di fare solo questo. L’Italia è poi il Paese in Europa con gli stipendi più bassi, al pari di studi e carriera. I colleghi europei hanno stipendi fra 500 e 1000 in più rispetto all’Italia. All’estero cercano infermieri italiani perché hanno una buonissima formazione ma economicamente non c’è equiparazione. Inoltre, tutto quello che facciamo extra, tipo master o altra formazione accademica, resta un pezzo di carta. A livello economico, legale o di “prestigio” non cambia nulla rispetto a chi ha soltanto conseguito la laurea triennale. Questi insomma sono i principali aspetti e obbiettivi della manifestazione».

Altre richieste?

«Oltre a quelle già indicate, occorre ricordare che ci sono concorsi aperti e non ci sono assunzioni. In alcune località ci sono assunzioni con cooperative o con contratti di finte libere professioni (perché poi libera professione non sono) a fronte di concorsi e graduatorie con colleghi che aspettano di essere chiamati: è tutto bloccato e ci si lamenta della mancanza di personale. Se si riuscisse a riformare il contratto, da lì tutto andrebbe di conseguenza. Al momento gli infermieri hanno molte responsabilità. Con la legge Gelli tutto è stato amplificato, ognuno risponde di quello che fa. Un errore di qualsiasi tipo ricade sul singolo. Ci sono tanti altri punti ma questi sono i principali».

Com’è la situazione in Toscana?

«In Toscana il promesso bonus Covid-19 è stato bloccato, per cui c’è rabbia. Tutti a riempirsi la bocca di come ringraziarci e invece era solo propaganda. Comunque, in Toscana, l’emergenza è stata fronteggiata abbastanza bene rispetto ad altre regioni, perché c’è stato più tempo. Qui abbiamo anche tanti ospedali e molti posti di terapia intensiva. È stato tanto l’impegno richiesto e molta la presenza di infermieri anche nei reparti di terapia intensiva, anche con neoassunti o con colleghi presi da altri reparti. Fa male però sapere che nessuno avrà il bonus Covid-19».

Quante adesioni ci sono state in Toscana alle vostre manifestazioni?

«Ci siamo divisi in 3 città. A Firenze 180 circa, a Prato e a Pistoia altri due gruppi, con referente Andrea Baroncelli. Comunque c’è stata una buona risposta, con tanti colleghi coinvolti».

È cambiata fra le persone l’idea del vostro lavoro prima e dopo il Coronavirus?

«Nell’emergenza sembrava che opinione pubblica si fosse accorta della nostra esistenza: l’attenzione mediatica metteva in primo piano il nostro lavoro. Ora sta tornando tutto come prima, con gli stessi atteggiamenti, come a esempio l’aggressione in ospedale e al pronto soccorso San Camillo a Roma. Invece da parte degli infermieri c’è stato e c’è sempre tanto impegno: è anche per questo che dispiace. Siamo comunque speranzosi che le cose possano cambiare. Quando il governo darà un chiaro segnale, quando mostrerà che non sono state tutte chiacchiere e che la riconoscenza c’è davvero, anche l’opinione pubblica cambierà».

 

 

 

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