RSA toscana tra crisi di modello e miglioramenti. Infermieri: «No alla contenzione»

In questi anni l’impatto sociale determinato da vari fattori demografici ampiamente previsti quali l’innalzamento dell’età media e delle disabilità chiamato “silver tsunami” ha messo in crisi i modelli di welfare europei. L’Occidente e anche l’Italia sono sempre stati all’avanguardia per garantire i diritti alle persone, soprattutto a quelle più fragili; lo sviluppo del welfare è stato uno egli elementi che ha contraddistinto le società occidentali negli ultimi cento anni, in particolare dal secondo dopoguerra in poi. Da una decina di anni questo sistema sociale è stato messo in discussione dalla grave crisi economica che si è evidenziata dal 2007-2008, che ha richiesto una verifica e spesso anche una diminuzione di risorse e servizi. Nel settore anziani il tentativo di contenere la spesa si scontra continuamente con l’invecchiamento della popolazione e con un aumento esponenziale delle persone a rischio, lasciando spesso le famiglie sole ad affrontare i vari problemi. Il minor sostegno familiare è fattore prevedibile visto l’innalzamento dell’età della pensione.

Ad oggi solo il 3% degli anziani vive in RSA e in futuro si attende un incremento della domanda visto che la media europea è del 5%.  Anche incrementando l’offerta di servizi domiciliari non è prevedibile una riduzione della richiesta di servizi residenziali. Fra l’altro sugli incentivi economici per l’assistenza familiare basata sulle “badanti” sarebbe opportuna una adeguata e realistica riflessione. Nel futuro aumenteranno i bisogni sia per numero che per complessità. Questo quadro epidemiologico impone la necessità di assicurare da parte della comunità nazionale e regionale una adeguata copertura finanziaria ai costi assistenziali della non autosufficienza degli anziani.

Oltre all’invecchiamento della popolazione e all’aumento di richieste di inserimento in strutture residenziali, sta emergendo un oggettivo aggravamento delle condizioni sanitarie dei residenti in RSA e una conseguente maggiore complessità assistenziale che necessita di un adeguamento nella presa in carico e nella gestione all’interno delle varie strutture.

Le RSA toscane si sono trasformate progressivamente da residenze a prevalente componente sociale  a luoghi di cura per anziani disabili gravi.  Le persone che necessitano di una struttura residenziale non solo sono più anziane e più dipendenti ma anche accompagnate da più problemi clinici contemporaneamente. Ciò comporta un aumento significativo dell’instabilità clinica dei residenti in RSA, con possibilità di accesso in regime di convenzione solo per coloro che raggiungono un punteggio di isogravità 5/4. I residenti delle RSA sono e saranno sempre più riconducibili così a due categorie: anziani con necessità di cura e riabilitazione in seguito a un evento acuto disabilitante o a scompensi comportamentali e anziani che necessitano di cure continuative e protesiche.

«Dobbiamo prendere atto di questo cambiamento, determinato da vari fattori che necessita – spiega il Gruppo di lavoro Ipasvi Rsa e continuità assistenziale – di un adeguamento delle risposte organizzative e prestazionali delle varie strutture residenziali.

Inevitabilmente le RSA dovranno sempre più far fronte anche a bisogni prevalentemente sanitari e ciò necessita di una organizzazione confacente a tali bisogni.  Occorre definire parametri diversi a seconda di RSA ad alta e bassa intensità assistenziale, differenziando i servizi offerti.  Così come permane ancora una quota importante di persone che trovano nella RSA la risposta a bisogni di tipo sociale. Le RSA in Toscana hanno assunto un ruolo centrale nella gestione della fragilità principalmente nell’ambito di persone con importante compromissione funzionale.

«Obiettivo da perseguire – spiega ancora il Gruppo di lavoro Ipasvi Rsa e continuità assistenziale – è una RSA che sappia conciliare una assistenza personalizzata che mira al benessere della persona con una sfera sanitaria che sappia offrire competenza e sicurezza. In altre parole l’obiettivo deve essere quello di coniugare qualità della vita e problemi sanitari».

L’RSA si configura quindi come una struttura del territorio destinata ad accogliere, per periodi temporanei o meno, gli anziani non autosufficienti, cui deve offrire una sistemazione con una connotazione il più possibile domestica, organizzata in modo da rispettare il bisogno di riservatezza e di privacy e da stimolare al tempo stesso la socializzazione fra i residenti; tutti gli interventi medici, infermieristici e riabilitativi necessari a prevenire e curare le malattie croniche e le loro riacutizzazioni e  gli interventi volti a recuperare l’autonomia dei residenti. Un’assistenza individualizzata orientata alla tutela e al miglioramento dei livelli di autonomia, al mantenimento degli interessi personali e alla promozione del benessere. (Linee guida SIGG per le RSA 2015).

Riprendendo quanto affermato dalla SIGG l’utenza della RSA si caratterizza per un’età media superiore agli 80 anni, perdita dell’autosufficienza nelle attività di vita quotidiana, condizioni sanitarie caratterizzate da comorbosità, severità ed instabilità clinica, non tali da richiedere cure intensive ospedaliere. E infine la necessità di assistenza tutelare comprensiva del mantenimento dei contatti sociali e di programmi di animazione

Per la loro complessità gestionale e per il tipo di problematiche che si trovano costantemente ad affrontare le RSA potrebbero assumere sempre più un ruolo centrale nella rete dei servizi ampliando il loro raggio di intervento ad alcuni campi in cui le competenze acquisite possono essere fondamentali per un uso appropriate delle risorse da distribuire sul territorio. «Noi immaginiamo e pensiamo – prosegue il Gruppo di lavoro Ipasvi Rsa e continuità assistenziale –  sia possibile una RSA che si occupi non solo di residenzialità temporanea, diurna o per lungodegenti ma che sappia ampliare il proprio ruolo nella rete dei servizi toscani sui seguenti campi d’intervento, per sfruttare competenze acquisite e sinergie che possono creare economie di scala: assistenza domiciliare (anche  per le persone affette da demenza),  gestione delle cure primarie delle persone del territorio di riferimento, dimissioni protette temporanee dall’Ospedale  con l’implementazione in tutta l’Area Vasta Centro e poi in tutta la regione del sistema di valutazione multidimensionale per le dimissioni difficili utilizzata dalla ex ASL 10.  RSA punto formativo centrale per tante professionalità che hanno bisogno di una formazione esperienziale e concreta quali Assistenti di base di struttura e familiari, operatori socio sanitari, infermieri e medici».

Da tutti gli esperti e da entrambi gli organismi che hanno lavorato sulla realtà assistenziale delle Rsa toscane (ARS e MES, Scuola  Superiore Sant’Anna di Pisa) la pianificazione assistenziale individuale dei residenti condivisa fra tutti i protagonisti dell’assistenza ( Medico, Assistente Sociale, Infermieri , Fisioterapisti, Addetti all’assistenza (osa/oss), Animatori, Educatori) assume un ruolo decisivo per migliorare l’appropriatezza assistenziale. Per raggiungere questi obiettivi vanno definiti prioritariamente 3 elementi organizzativi che adesso mostrano importanti segni di criticità come la presenza medica nelle Rsa, la continuità assistenziale del personale infermieristico, la presenza di un infermiere coordinatore.

Presenza medica nelle RSA Il modello toscano per l’assistenza medica in RSA affida questo compito al MMG: tutte le ricerche effettuate ( MES, Ars) e un’analisi obiettiva e oggettiva dimostrano che  tale organizzazione riesce a raggiungere buoni risultati clinico- assistenziali solo grazie al supporto delle figure infermieristiche presenti all’interno.  La crescente complessità clinica dei residenti e la loro instabilità rendono molto evidente l’inadeguatezza dell’attuale modello, dove si opera spesso in condizioni di altissimo rischio, soprattutto per la sicurezza degli anziani e anche dei vari professionisti.  C’è la necessità di una figura medica più presente, almeno sulle dodici ore, che collabori con tutti i membri dell’equipe e partecipi alla stesura del PAI,   che possa garantire una presa in carico adeguata, risposte più sicure e costanti, con possibilità anche di diminuire il numero di ricoveri in ospedale. Crediamo tuttavia che i valori di fondo che hanno sin qui ispirato e diversificato  il modello toscano, con un rifiuto alla troppa sanitarizzazione e il concetto di residenza come casa, piuttosto che ospedale, siano ancora molto importanti e vanno ribaditi; dobbiamo cercare di coniugare questi valori con la necessità di cure più moderne e appropriate, che assicurino presa in carico e umanizzazione.

Continuità assistenziale del personale infermieristico La pianificazione assistenziale  individuale necessita  di una figura di coordinamento del caso (case manager) che sappia gestire le varie risorse disponibili , umane e materiali. Questa funzione è propria della figura dell’infermiere.  Diventa così essenziale favorire e ricercare la presenza continuativa del personaleinfermieristico . La normativa regionale, calcolando il fabbisogno indispensabile delle varie figure professionali in ore, non aiuta a raggiungere l’obiettivo di un gruppo stabile nel tempo di Infermieri che sviluppano competenze e capacità nella gestione dei singoli casi.   Per questi motivi riteniamo perciò necessario che la normativa regionale incentivi la presenza costante di personale infermieristico nelle RSA, rivedendo alcuni parametri. Occorre anche pensare a delle misure che possano mitigare il turn over degli infermieri verso le strutture pubbliche come un minimo livello salariale garantito da tutte le strutture  competitivo con il contratto della Sanità Pubblica e privata. La presenza di Infermieri e Fisioterapisti stabili e competenti è fondamentale anche per la tutela del residente in RSA. La mancanza di professionalità e di competenze specifiche è elemento favorente lo svilupparsi di fenomeni criminali di maltrattamenti che sono venuti alla luce dimostrando che il problema esiste.  Riteniamo inoltre indispensabile la presenza infermieristica h24 vista la complessità assistenziale delle persone assistite.

Presenza di un Infermiere coordinatore La presenza di personale qualificato (Infermiere coordinatore) nella gestione dei servizi in collaborazione con la Direzione delle varie RSA è fattore determinante per la qualità assistenziale fornita. Tale figura è centrale in un ambiente ad alta complessità e variabilità come si configurano oggi le RSA e si pone, nelle realtà dove essa è presente, come fattore di cambiamento e attivatore di risorse. La strada da perseguire è l’appropriatezza e una figura di questo tipo risulta essenziale per una allocazione ottimale delle risorse seguendo linee di indirizzo validate nell’ambito delle scienze infermieristiche e assistenziali.  Occorre anche definire i requisiti di accesso a questo ruolo che abbiamo identificato in una anzianità di servizio in ambito RSA di almeno 3 anni e in un percorso formativo appropriato con competenze gestionali (master di coordinamento o titolo equipollente). Sarebbe opportuno anche migliorare le competenze ai vertici delle RSA con direzioni che abbiano una formazione specifica manageriale, giuridica e socio-sanitaria.

Contenzione in Rsa L’Ordine delle Professioni infermieristiche delle province di Firenze e Pistoia ha recentemente preso posizione circa l’uso-abuso dei mezzi di contenzione in RSA anche dopo le recenti sentenze a riguardo della Corte di Cassazione e i recenti fatti di cronaca. Tali indicazioni sono in linea con quanto affermato dal Documento del Comitato Nazionale della Bioetica sulla contenzione del 23/4/2015 in cui si afferma che l’uso della contenzione rappresenta una violazione dei diritti fondamentali della persona. Il fatto che in situazioni del tutto eccezionali i sanitari possano ricorrere alla contenzione non toglie forza alla regola della non – contenzione e non modifica i fondamenti del discorso come affermato, fra l’altro, anche dal Codice Deontologico degli infermieri che all’art. 30 recita “L’infermiere si adopera affinché il ricorso alla contenzione sia evento straordinario, sostenuto da prescrizione medica o da documentate valutazioni assistenziali. Quindi occorre definire limiti rigorosi alla contenzione , il ricorso ai mezzi di contenzione deve rappresentare l’estrema ratio e può avvenire solo in situazioni di reale necessità ed urgenza in modo proporzionato alle esigenze, utilizzando le modalità meno invasive e solamente per il tempo strettamente necessario. In altre parole non può essere sufficiente a giustificare la contenzione il solo stato di agitazione della persona ma occorre anche la presenza di un pericolo grave ed attuale che la persona compia atti auto-lesivi o contro altri. Nel momento in cui tale pericolo cessa, deve cessare anche il ricorso a mezzi di contenzione meccanica. Occorre investire nella cultura della non contenzione a tutti i livelli per superare resistenze diffuse dovute a cultura, organizzazione dei servizi, atteggiamentodegli operatori. Per quel che riguarda le persone affette da demenza con disturbi del comportamento occorre implementare modelli assistenziali appropriati sia a domicilio come in rsa con nuclei specifici che escludono il ricorso alla contenzione da considerare pratica inumana e degradante. La sentenza della Cassazione del 20/6/2018 n 50497  relativa al caso “Mastrogiovanni” affronta il tema della contenzione in modo approfondito ma non esaustivo visto che non riguarda le RSA che hanno peculiarità diverse rispetto ai contesti psichiatrici. Afferma comunque in modo netto che la contenzione non è una pratica di carattere sanitario, non è un’attività medica, non ha una finalità di carattere terapeutico. Se la contenzione non è un atto sanitario non può essere prescritta dal medico, non può essere protocollata o fatto oggetto di linee guida. «Auspichiamo – con conclude il gruppo di lavoro Ipasvi Rsa e assistenza domiciliare – che la Regione Toscana si faccia promotrice di azioni atte a promuovere l’abbandono al ricorso all’uso di mezzi contenzione in RSA e ad elaborare buone pratiche assistenziali per la gestione del delirium e dei disturbi del comportamento che non prevedono ricorso a mezzi di contenzione».

 

 

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