Careggi di Firenze: organi prelevati da due donatori positivi al Covid

Per i reni è il primo caso a livello nazionale perché autorizzato, con una nuova procedura, dal Centro nazionale trapianti 

Organi per trapianti in Toscana e fuori regione prelevati da due donatori positivi al Covid-19 asintomatici, deceduti per altra causa. È successo nei giorni scorsi al Careggi di Firenze.
«Particolarmente rilevante come primo caso a livello nazionale il trapianto dei reni – spiega Adriano Peris, direttore del Centro regionale trapianti della Toscana – perché autorizzato, con una nuova procedura, dal Centro nazionale trapianti attraverso un’attenta valutazione del rapporto costo beneficio per i soggetti riceventi, che hanno espresso la volontà di operarsi in base ad uno specifico consenso informato, non essendo il trapianto renale una terapia salvavita, come ad esempio nel caso del fegato o del cuore».

«Questa condizione – puntualizza la dottoressa Chiara Lazzeri, direttore del Centro regionale allocazione organi e tessuti presso Careggi – rappresenta un passo importante nella medicina dei trapianti in fase pandemica poiché, a causa della massiccia diffusione delle attuali varianti, è sempre più difficile trovare donatori non contagiati e la possibilità di utilizzare organi da persone asintomatiche e decedute per cause diverse dal Covid, ma pur sempre positive, consente di restituire alle attività di donazione e trapianto una buona parte dell’efficienza fino ad ora ridotta a causa della pandemia».

«É il recupero in tempo di pandemia di una normalità assistenziale, nell’ambito dell’alta complessità del trapianto – aggiunge Rocco Damone direttore generale dell’Azienda Careggi, fra le prime a livello nazione nel numero di procedure di donazione d’organi, che prosegue – un risultato rilevante per la collaborazione fra Centro nazionale, Centro regionale trapianti e le professionalità dedicate, nel nostro Ospedale al precorso donazione e trapianto, ma anche un successo della vaccinazione che protegge e consente di curare le persone più fragili come i pazienti in attesa di un organo».

 

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