Singali, Opi Firenze – Pistoia: «La direzione giusta è voler e saper valutare a fondo le questioni, sempre chiarito al tribunale della nostra coscienza»
Nell’ambito della pandemia Covid-19, il sistema sanitario è stato sottoposto a una pressione enorme. In questo contesto, il mese scorso il Comitato Nazionale per la Bioetica ha preso in esame il problema dell’accesso dei pazienti alle cure in condizioni di risorse sanitarie limitate e il criterio di triage in emergenza pandemica. Nello specifico, il termine deriva dal francese “Trier” cioè “scelta, cernita” e si esplicita con l’attribuzione del codice triage nella Centrale operativa del 118 o all’interno del Pronto soccorso, con la decisione di priorità di interventi in base alla gravità dei pazienti.
Il triage consiste in un processo dinamico, volto a garantire che i pazienti ricevano il livello e la qualità di cura più appropriate alle loro necessità, in relazione alla migliore utilizzazione possibile delle risorse disponibili (o destinabili). Si distinguono essenzialmente tre modalità di triage: telefonico, svolto dalla Centrale operativa 118 in base ad un’intervista strutturata; triage sul posto, svolto sul luogo dell’evento dall’equipe dei mezzi di soccorso; il triage di Pronto soccorso, svolto all’interno di una struttura sanitaria da personale infermieristico.
Alessandro Singali, infermiere referente della commissione etica dell’Ordine interprovinciale delle Professioni Infermieristiche Firenze-Pistoia, fa alcune riflessioni sul parere del Comitato Nazionale per la Bioetica. «Tra i pilastri della bioetica c’è il “principio di autonomia” – spiega Singali – e mi preme sottolineare il rapporto tra autonomia e triage. Il 14 dicembre 2017 è una data che ha segnato un grande passo avanti in materia legislativa. Con 180 voti a favore, 71 contrari e 6 astenuti, è stata approvata dal Senato italiano la legge sul testamento biologico, permettendo l’espressione anticipata di quali trattamenti medici ricevere/rifiutare in caso di malattie gravi e invalidanti nonché la possibilità di rinunciare a trattamenti precedentemente accettati. Determinando e legittimando “l’autodeterminazione” del cittadino e superando il concetto di “paternalismo medico”. Anche se non mancano punti di debolezza (come per esempio il reperimento delle disposizioni anticipate di trattamento o collegamenti e rete inesistenti)».
«E ora veniamo al parere dello scorso 8 aprile del CNB sulla decisione clinica in condizioni di carenza di risorse – prosegue Singali -: il criterio del “triage in emergenza pandemica” fa riferimento alla volontà personale, al principio di autonomia. Ma se si consentisse a un’intelligenza artificiale di fare triage cosa succerebbe? Quali criteri sarebbero introdotti? Introdurre nuovi criteri per strutturare le scelte cambierebbero la storia della scienza e della coscienza? Almeno in teoria, il metodo assicurerebbe una maggiore imparzialità rispetto a un sistema che potrebbe costringere alcune persone a non avere la possibilità di essere curate o meno. Con il sorteggio non esisterebbe alcuna correlazione tra le caratteristiche personali degli individui, come classe sociale, razza, e altro ancora – ironizza l’infermiere -. Ma dobbiamo tenere presente che gli errori e i problemi possono avere conseguenze sociali ed economiche pesanti perché parziali. C’è inoltre un altro aspetto: le persone curate sanno che possono essere utilizzate all’interno di un esperimento? L’etica di oggi, soprattutto nei casi relativi a questa emergenza, va trasformata in rinuncia del sé e prendersi cura degli altri. Il voler e saper valutare a fondo le questioni, scegliere i mezzi, soppesare l’appropriatezza delle azioni e riconoscere il loro reale obiettivo, sempre chiarito al tribunale della nostra coscienza, è l’unica direzione di professionisti autenticamente impegnati nel dare risposta ai bisogni espressi dalle persone più deboli e fragili, come la pensa anche David Montanari. Proprio a lui si deve infatti il concetto di “bi-etica” cioè etica dei principi e delle conseguenze come agire sia secondo l’etica dei principi e sia secondo l’etica della responsabilità. Occorre – conclude – partire dalle basi della Bioetica perché solo la loro conoscenza consente di trasformare il rapporto col paziente. L’approccio bioetico lega e rafforza l’aderenza terapeutica alle raccomandazioni di professionisti sanitari, perché condivise dal paziente, facilita l’attuare dei cambiamenti nello stile di vita, e non per ultimo, riduce il potenziale contenzioso».