Rsa al tempo del Coronavirus. “Tanto muoiono soli i vecchi”: la lettera di Cristina Banchi

Gentilissimo direttore,

sono un’infermiera e mi occupo da oltre 11 anni di management e sistemi qualità nelle Residenze per anziani non autosufficienti in Toscana.

Sin dall’inizio dell’epidemia, poi pandemia da coronavirus è stata diffusa la notizia che la mortalità riguardava prevalentemente persone anziane o giovani comunque già malati.

Da decenni molti studi ed analisi sociali hanno evidenziato il progressivo dilagare del pregiudizio sugli anziani (ageism): soggetti inutili, obsoleti, un peso economico in una società sempre più smart. Le competenze dell’anziano non interessano più, non hanno applicazioni utili.

Allora quando si legge di un tasso di mortalità che riguarda prevalentemente gli anziani, la frase “Tanto muoiono solo i vecchi”può suonare come familiare, giustificabile, normale.

Lo sarà certamente nel traige bellicoche ci stiamo preparando ad affrontare. Lo sarà inevitabilmente quando dovremmo scegliere chi attaccare al mitico respiratore e chi no. Le risorse non sono infinite, sono finite.

Ma se ancora possiamo far sì che ciò non accada, se siamo ancora in grado di proteggere la popolazione anziana, proprio perché sappiamo che è quella che rischia di più, dobbiamo farlo, anche solo cinicamente proprio per non dover arrivare a quel triage impietoso a cui accennavo. A quei mucchi di salme e di bare.

Le recenti notizie su ciò che è avvenuto al Pio Albergo Trivulzio di Milano sono a dir poco aberranti. Sembra che gli errori siano stati molti, la magistratura stabilirà le responsabilità, ma appare già evidente che siano stati fatali gli inserimenti di persone non ancora guarite e la mancanza di D.P.I. adeguati (Fonte: Sole 24 Ore, 7 aprile 2020).

Con questa mia lettera vorrei portare la mia esperienza attuale nelle Residenze Sanitarie Assistenziali.

Le residenze per anziani sono blindate da più di tre settimane. Alcune già da prima. Parenti, amici, tutti i visitatori sono fuori. Il ponte levatoio è alzato. Entrano solo gli indispensabili: personale, fornitori, sanitari, con tutte le precauzioni previste, (intervista all’ingresso, controllo della temperatura corporea e Dispositivi di Protezione Individuali etc). Se le indicazioni ministeriali sono rispettate rigorosamente, potremmo supporre che le persone residenti attualmente asintomatiche siano sostanzialmente salve. Primo obiettivo raggiunto.

Gi operatori tutti stanno facendo veramente azioni eroiche. Non solo per la professionalità ed il rigore con cui lavorano, ma anche e soprattutto per il riuscire a contenere la paura nel non poter rimanere a casa, protetti, per essere un potenziale rischio per i propri cari e per i residenti, non poter mantenere le distanze di sicurezza durante l’assistenza.

A questo punto occorre resistere. Tenere duro.

Ma non si tratta soltanto di garantire delle prestazioni, questo non lo è mai, come prima e più di prima si tratta anche di riuscire a mantenere quel minimo di qualità di vita, che passa soprattutto dagli affetti: compensare l’assenza delle persone care, contenere l’angoscia di chi non comprendere le ragioni e vive la separazione come un abbandono, il panico nel vederci tutti mascherati, nel non riconoscere i volti, la segregazione obbligata. Tutto ciò accade in una popolazione anziana spesso affetta da varie forme di demenza. Per compensare tutto ciò vengono utilizzate le competenze emotive degli operatori. Tradotto, la loro umanità.

Inoltre occorre gestire chi è rimasto fuori, parenti, amici, persone che soffrono nel non poter vedere il proprio caro. Telefonate, videochiamate, email, potere alla fantasia. E in tutto ciò non mancano le intimidazioni e le minacce da parte di coloro (pochissimi per fortuna) che non comprendono e vorrebbero entrare a tutti i costi.

La Regione Toscana per affrontare l’emergenza coronavirus ha prontamente trasformato gli ospedali in un’ottica proattiva. Un lavoro immane, mai visto prima. Sono state allestite tende, smantellati o spostati servizi per creare aree filtro, nuovi posti di rianimazione, reparti di isolamento e infettivi, anche dove non erano presenti e tutto ciò che sarà necessario. Sono state interrotte tutte le attività in elezione. I laboratori e tutti i servizi sono prevalentemente dedicati all’emergenza.

Sono state messe a frutto tutte le competenze di decenni di simulazioni di maxi emergenze, un lavoro grandioso con risultati di efficienza ed efficacia eccellenti.

In tempi record le A.S.L. hanno reclutato personale sanitario, medici infermieri Operatori Socio Sanitari. Migliaia di professionisti per far fronte all’emergenza.

Qualcuno si è chiesto cosa facessero sino ad allora questi professionisti? Di cosa si occupavano? Non saranno stati tutti disoccupati o neolaureati.

Il quesito ha una risposta: sono stati sottratti ad altri servizi, che evidentemente non erano ospedalieri, ma prevalentemente territoriali. Le Residenze Sanitarie Assistite che si occupano di anziani non autosufficienti, le strutture che si occupano di disabili e molte altre sono state saccheggiate a piene mani. Personale sanitario divenuto di conseguenza irreperibile. Ma non si tratta solo di numeri, si sono travasate professionalità, esperienza, le skill faticosamente sviluppate negli anni, tenuto conto del continuo tour over del personale; competenze irrecuperabili in tempi così ristretti.

Nella Procedura A.U.S.L. Centro del 25.03.20 IO.DS.03 Rev. 1 RSA e strutture semiresidenziali – Emergenza COVID si legge:

Sostituzione di personale e utilizzo di un numero inferiore di operatori

Nel caso in cui le strutture residenziali debbano procedere alla sostituzione di personale assente a vario titolo a causa del CoViD-19 al fine di superare le difficoltàa reperire personale con la qualifica di OSS, evidenziate dai servizi e dai gestori delle RSA, in deroga a quanto previsto dal DPR 9 gennaio 2018 n. 2/R , e fino al termine delle misure straordinarie sul Covid-19, si prevede la possibilità di utilizzare un numero inferiore di OSS, aumentando il numero di Adb,garantendo comunque la presenza di un adeguato numero di OSS in affiancamento a tali figure. Si invitano le Commissioni di vigilanza a tenere conto di tale disposizione.

 Questo paragrafo non compare nella procedura successiva, ma non sembra neppure essere abrogato.

Il problema è che il personale non c’è, indipendentemente dalla qualifica. Per quanto io creda fortemente nei sistemi qualità e nel rispetto degli standard, penso che adesso si debba guardare alle priorità che fanno la sostanza della qualità.

Questa pandemia ha portato devastazione, proprio per questo dovrebbe risvegliarci dall’edonismo inconsapevole e dal modello burocratico che hanno caratterizzato gli ultimi decenni, riportandoci alla realtà concreta dei bisogni delle persone. È adesso il momento di ritrovare ciò che ha valore: l’universalità della sanità.  Altrimenti chiedo sinceramente più coerenza da parte di tutti, diciamocelo chiaramente: tanto sono solo vecchi.

Tanto sono solo operatori sanitari delle R.S.A., fanno le punture, prendono le pressioni, cambiano pannolino, imboccano… che sarà mai?

Allo spostamento del personale si aggiunge che nelle R.S.A. toscane non è previsto il direttore sanitario, la persona mantiene il Medico di libera scelta (M.M.G.). Questo ha da sempre evidenziato criticità oggettive nella gestione dell’assistenza in una popolazione sempre più compromessa.

La geriatria indiscutibilmente è uno degli ambiti più complessi della medicina attuale ed è difficile fare buona geriatria con un accesso mensile, spesso disatteso.

Per fronteggiare questa emergenza sul territorio la regione ha formato l’U.S.C.A. (Unità Speciale di Continuità Assistenziale che si stanno costituendo) e una task force specifica per le residenze.

U.S.C.A. e task force si occuperanno delle segnalazioni, e gestiranno le persone positive e/o sintomatiche a domicilio e nelle residenze.

Gli strumenti sono tutti pronti.

Rimane la criticità legata ai tempi di attesa, talvolta anche di 10 giorni, durante i quali potrei avere persone asintomatiche non individuate o può accadere che la persona peggiori, e non possiamo fare altro che chiamare il 118, per portare la persona in ospedale. Nella migliore delle ipotesi la persona risulta negativa al tampone. Nella peggiore delle ipotesi è positiva. In questo caso la persona viene presa in carico dalle strutture sanitarie allestite appositamente, ma nel frattempo la residenza va in crisi.

Credo che almeno in parte queste criticità siano state raccolte nell’Ordinanza del Presidente della Giunta Regionale N° 28 del 07 Aprile 2020 “Misure straordinarie per il contrasto ed il contenimento sul territorio regionale della diffusione delvirus COVID-19 in materia di igiene e sanità pubblica per le RSA, RSD o le altra struttura socio-sanitaria”stabilisce che per l’ospite positivo si debba trovare il percorso più appropriato:

“si dovrà procedere alla separazione, in diverse strutture o setting assistenziali, degli ospiti risultanti positivi o dubbi, asintomatici o paucisintomatici, da coloro che risulteranno negativi, attuando per coloro che sono positivi i livelli di cura e assistenza sanitaria previste per le cure intermedie.

Inoltre stabilisce che:

4. le Aziende Sanitarie Locali possono procedere alla rimodulazione dei contratti con i soggetti gestori così da consentire forme di incentivazione e valorizzazione economica degli operatori RSA, RSDo altre strutture socio-sanitarie in conformità alle iniziative già assunte per i dipendenti del S.S.R.;

Se la struttura è in grado di assistere la persona positiva, verrà riconosciuto incentivazione e valorizzazione economica degli operatori, se non è in grado, se ne farà carico il Sistema Sanitario e la persona verrà indirizzata ad un percorso adeguato.

Veniamo all’altra questione: i Dispositivi di Protezione Individuale (D.P.I.), praticamente introvabili. Il consumo giornaliero minimo è elevato, con ospiti in isolamento diviene insostenibile.

La regione ha recentemente proposto alle R.S.A. l’acquisto di mascherine direttamente alle A.S.L. di riferimento. La meraviglia iniziale si trasforma velocemente in offesa: le mascherine fornite sono le peggiori mai viste, strisce di tessuto non tessuto (tipo le veline per spolverare) con nessuna certificazione. Secondo le indicazioni di utilizzo non sono protettive se si riduce la distanza di sicurezza. Quindi inutili per le attività assistenziali, meno che mai per gestire un l’eventuale isolamento di un ospite positivo.

Adesso, la task force dovrebbe garantire un kit minimo di D.P.I. idonei in caso di residente positivo.

Io sono un’infermiera, sono un sanitario. Personalmente continuerò a difendere le persone anziane e tutti coloro che se ne prendono cura, applicando la quarantena sul personale potenzialmente contagiato, dato che non posso accedere al tampone, ma a che prezzo?

Ne usciremo distrutti, ma con dignità.

È stupefacente la solidarietà che questa situazione sta generando. Rientri su rientri, turni estenuanti per non far mancare niente alle persone di cui ci prendiamo cura, ma non siamo eroi, siamo persone normalissime, semplicemente umane.

Mi scuso per questo mio sfogo, ma non riesco ad accettare questa situazione, in una regione che amo e che credo abbia ancora la possibilità di fare meglio.

Per quanto comprendo che sia una lettera piena di critiche e frustrazione, la mia intenzione non era affatto polemica. Soprattutto non vuole essere una polemica nei confronti dell’ospedale, i colleghi insieme a tutta l’équipe stanno facendo un lavoro straordinario.

Vorrei anzi sperare che da questa esperienza si rifletta e si possa ripensare alcune decisioni. Siamo ancora in tempo, ma il tempo vola.

Da alcuni giorni sono iniziati i tamponi nelle R.S.A. partendo dalle strutture in cui erano state fatte le segnalazioni o c’erano dei positivi, sia sugli ospiti che sul personale. Toscana Notizie del 02 Aprile 2020 dice che su 4873 tamponi eseguiti, 509 ospiti e 158 operatori sono risultati positivi.

Dato che le strutture, come dicevo, sono chiuse all’esterno da oltre due settimane, è plausibile ritenere che l’infezione sia stata portata dal personale, probabilmente asintomatico.

Dato che abbiamo avuto la fortuna di poterci organizzare per tempo, non potremmo pensare ad un approccio veramente proattivo? Puntare certamente ad essere pronti a curare i malati, ma far sì che le persone non si contagino. E questo non si fa in ospedale, ma sul territorio. Si individuano precocemente i positivi, si riduce il contagio, si riducono i malati, si riducono i ricoveri, si ottimizza l’utilizzo delle risorse, si riducono i decessi.

Tutto il personale in RSA sta lavorando sotto pressione, con turni estenuanti per garantire l’assistenza, vorrebbe semplicemente lavorare in sicurezza.

Un’intera nazione è ai domiciliari. Impongo alle aziende il lavoro da casa. Giustamente. Ho un’altra popolazione che deve continuare a lavorare proprio per garantire la salute, la devo preservare.

Se lasciando la situazione così com’è, con gli strumenti inadeguati che abbiamo, le commissioni di vigilanza, se verranno, cercheranno le procedure aggiornate e le check list ben compilate. Faranno il loro verbale. Io ogni giorno mi auguro solo di ritrovare tutti vivi.

Mi sono permessa di parlare al plurale perché questo mio sentire è condiviso da molti, di cui non posso dichiarami portavoce, perché non lo sono, ma che so essere d’accordo con quanto ho riportato.

Concludo con una frase di Florence Nightingale, nel bicentenario della nascita, mai così attuale come oggi:

” Lassistenza è un arte;

e se deve essere realizzata come arte,

richiede una devozione totale e una preparazione,

come qualunque opera di pittore o scultore,

con la differenza che non si ha a che fare con una tela o un gelido marmo,

ma con il corpo umano,

il tempio dello Spirito di Dio.

Euna delle belle arti, anzi la più bella delle arti “

Dott.ssa Cristina Banchi

Responsabile Sistemi Qualità

[Articolo pubblicato in data 7 aprile 2020 e revisionato l’8 aprile 2020 a seguito degli ulteriori sviluppi in merito alla gestione dell’emergenza Covid-19.]

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