L’infermiere di famiglia e la garanzia della presa in carico

Con i cambiamenti dei bisogni assistenziali cambiano anche i modelli per rispondere con professionalità ai futuri scenari. I problemi di salute e l’aumentata speranza di vita della popolazione attuale, infatti, sono tali da richiedere interventi multidisciplinari e interprofessionali mentre l’aumento delle tecnologie sanitarie ha portato a nuove sfide di complessità assistenziale. Così come c’è un problema di sostenibilità dei costi che ha portato il sistema sanitario ad interrogarsi su come dare risposte adeguate ai pazienti trasferendo i trattamenti sanitari dall’ospedale a casa. E’ in questo contesto che opera l’infermiere di famiglia, una figura professionale formata per dirigere e incoraggiare la famiglia, identificando i sui bisogni di salute e indicando la strada migliore nell’utilizzo dei servizi sanitari.

Gli obiettivi Gli obiettivi principali che l’infermiere di famiglia persegue sono quello di promuovere e proteggere la salute dell’individuo e della popolazione per tutto l’arco della vita insieme a quello di ridurre l’incidenza delle malattie e degli incidenti più comuni, alleviando le sofferenze che questi causano. Il suo è quindi un ruolo fondamentale per garantire la continuità assistenziale. Documento fondamentale per la definizione dell’infermiere di famiglia la pubblicazione di Health21 da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1998. Tra le finalità, quella del raggiungimento del pieno potenziale di salute per tutti come diritto universale in relazione all’aumento della qualità di vita sia del singolo che delle comunità nel continuo sviluppo economico globale. Il programma di Health21 definisce 21 obiettivi tra cui l’integrazione del settore sanitario e lo sviluppo delle risorse umane orientate alla salute. In questi due obiettivi l’infermiere di famiglia è identificato come la figura che, insieme al medico di famiglia, costituisce il perno sul quale incentrare l’assistenza sanitaria di base. Quello dell’infermiere di famiglia è quindi un ruolo fondamentale per garantire la continuità assistenziale dove devono combinarsi i diversi elementi già propri dell’infermiere di sanità pubblica e di comunità, migliorando e facilitando l’accesso alle cure primarie, integrandoli con gli aspetti dell’infermieristica di comunità. Conoscere la comunità in cui si opera infatti permette di comprendere quali siano i reali e potenziali problemi di salute che la affliggono e di modulare la propria attività organizzandola a più livelli, integrando maggiormente le risposte e pianificando azioni consistenti, oltre che a costruire e rafforzare un rapporto di fiducia fra cittadini e istituzioni.

Infermiere di famiglia e assistenza domiciliare integrata Spesso accade di fare confusione tra infermiere di famiglia e assistenza domiciliare integrata (Adi) ma esistono differenze. Le due tipologie non combaciano perché l’assistenza domiciliare è limitata nel tempo e nel numero e tipo di prestazioni, ha una visione legata al solo riscontro oggettivo, non valuta l’utente nella sua globalità. L’infermiere di famiglia si occupa di presa in carico da zero anni a tutta la vita. È un riferimento per l’intera popolazione, collabora con le diverse figure specialistiche chiamate di volta in volta in causa allo scopo di raggiungere il miglior livello di salute, ne segue l’andamento nel tempo, si occupa di prevenzione ed educazione a corretti stili di vita, è borderline tra il sociale e il sanitario.

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