Riforma dei concorsi pubblici, le linee guida del ministero

Migliorare la qualità, la professionalità e le competenze del personale che opera nelle pubbliche amministrazioni. Con questo obiettivo il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione ha emanato le linee guida per la riforma dei concorsi pubblici. Il documento è la Direttiva n.3 del 24 aprile 2018, ispirata alle migliori pratiche a livello nazionale e internazionale ed entrata ufficialmente in vigore a giugno. La normativa fornisce tutte le indicazioni sulle nuove modalità di reclutamento per le assunzioni nel pubblico impiego, obbligatorie per le amministrazioni statali, mentre quelle regionali e locali sono invitate a seguirle e ad adeguare i propri regolamenti.

Rispetto al passato la direttiva introduce modifiche in tema di scelta del tipo di concorso, l’organizzazione, i requisiti, le prove selettive, le commissioni e le graduatorie.

La direttiva stabilisce la scelta delle procedure di reclutamento più idonea tra concorso per esami, per titoli, per titoli ed esami, corso concorso o selezione per prove con l’obiettivo principale di individuare la figura professionale più idonee. Nel caso in cui il numero dei partecipanti è elevato sono previste preselezioni finalizzate a ridurre il numero dei candidati a una quantità tale da non rendere difficile la gestione del concorso, ma nel contempo non troppo basso da rendere le successive fasi concorsuali poco competitive. Nel caso di reclutamento dei funzionari nelle amministrazioni statali, anche a ordinamento autonomo, e negli enti pubblici, è prevista, in misura non superiore al 50% dei posti, lo strumento del corso-concorso selettivo bandito dalla Scuola nazionale dell’amministrazione. «Tale procedura si caratterizza, in analogia al corso-concorso per il reclutamento dei dirigenti bandito dalla SNA, per la sua natura composita che affianca alla selezione una fase di formazione competitiva, con valutazione finale da cui dipende la graduatoria» si legge nella direttiva.

La direttiva indica come preferenza l’indizione di concorsi unici per reclutare i dirigenti e le figure professionali comuni. Lo svolgimento delle selezioni pubbliche in forma centralizzata o aggregata potrà consentire di ridurre i costi per la procedura concorsuale, di applicare criteri oggettivi e uniformi.

Nel documento sono anche definiti i requisiti di ammissione che devono tener conto della finalità del concorso, che è di selezionare i candidati migliori. «Essi vanno definiti, quindi, in relazione alla domanda e all’offerta, ovvero in relazione, da un lato, al profilo messo a bando e, dall’altro, al prevedibile numero di potenziali candidati – si legge nel documento -. Di conseguenza, per profili elevati sarà ragionevole richiedere una particolare competenza nella materia o esperienza nel settore, adeguatamente documentata, se è probabile che vi sia un numero adeguato di candidati che la possiedano. Nella definizione dei requisiti, occorre tenere conto del tipo di selezione che essi possono produrre: per esempio, privilegiare l’esperienza professionale può avere l’effetto di escludere di fatto i candidati più giovani».

Per quanto concerne i titoli occorre assicurare un adeguato bilanciamento tra i titoli di servizio (che premiano coloro che sono già dipendenti pubblici, presso la stessa o altre amministrazioni) e altri titoli. «Occorre evitare – spiega la normativa – di escludere di fatto categorie di potenziali candidati meritevoli (in particolare quelli più giovani) attribuendo un peso eccessivo a titoli che essi non possono avere: per evitare questo rischio, si può stabilire un punteggio massimo a determinati titoli, come l’attività lavorativa svolta».

Le materie delle prove di esame devono ragionevolmente corrispondere al profilo messo a concorso e alle competenze dei relativi uffici. Le prove possono essere teoriche o pratiche, secondo quanto previsto dalle norme vigenti. Tutte le procedure concorsuali devono essere indirizzate a verificare le capacità dei candidati di applicare le conoscenze possedute a specifiche situazioni o casi problematici, di ordine teorico o pratico, prevedendo ad esempio prove volte alla soluzione di casi concreti o alla predisposizione di documenti quali atti amministrativi, circolari e similari. Prove concorsuali eccessivamente scolastiche o nozionistiche non consentono di valutare al meglio le attitudini del candidato.

Importanza diventa dunque la scelta delle Commissioni esaminatrici. In questo senso la direttiva ricorda che l’articolo 35-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, in materia di prevenzione del fenomeno della corruzione nella formazione di commissioni stabilisce che coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale non possono fare parte, anche con compiti di segreteria, di commissioni per l’accesso o la selezione a pubblici impieghi. A nominare le Commissioni è il Dipartimento della funzione pubblica, mediante sorteggio differenziato per tipologia di componente. Le amministrazioni che invece procedono autonomamente dovrebbero darsi regole chiare sulla scelta dei componenti delle commissioni di concorso, sia per garantire la professionalità del commissario sia per ragioni di trasparenza e anche per evitare decisioni poco meditate.

Per quanto concerne la formazione delle graduatorie, la direttiva ricorda «la recente novità, introdotta dal decreto legislativo n. 75 del 2017, relativa alla facoltà di prevedere, nel bando, un numero degli eventuali idonei, in misura non superiore al venti per cento dei posti messi a concorso, con arrotondamento all’unità superiore». La disposizione assicura una selezione dei candidati più rigorosa e più coerente con il principio di buon andamento ed è volta a scongiurare il formarsi di graduatorie eccessivamente lunghe, formate da idonei che difficilmente potranno essere chiamati nel periodo di vigenza della graduatoria medesima e che possono bloccare la possibilità per le amministrazione di svolgere nuovi concorsi, anche a distanza di anni, in caso di proroghe delle graduatorie.

La direttiva prevede, infine, l’istituzione di un sistema informativo nazionale, denominato Portale del reclutamento, accessibile alle amministrazioni pubbliche e ai cittadini per favorire il miglior coordinamento delle procedure di reclutamento. Il sistema sarà strutturato come banca dati di monitoraggio delle procedure concorsuali poste in essere dalle amministrazioni pubbliche mediante censimento delle stesse, delle fasi di svolgimento e di ogni informazione rilevante, al fine di consentire una rappresentazione omogenea e completa delle informazioni e fornire, in aderenza ai principi di trasparenza, un più adeguato servizio alle amministrazioni. La banca dati dovrà, in sintesi, consentire la consultazione in un unico sito delle informazioni relative a tutti i concorsi pubblici. Nel sistema informativo confluiranno anche le graduatorie finali ed il monitoraggio delle stesse previsto dall’articolo 4, comma 5, del decreto legge n. 101 del 2013, potendo consentire alle amministrazioni di condividere le graduatorie secondo quanto consentito dalla normativa vigente.

 

 

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