“State a casa…la vita tra effimero ed essenziale”. La riflessione di Cristina Banchi

Non si vede bene che col cuore,

lessenziale è invisibile agli occhi…

Stiamo vivendo un momento inimmaginabile, surreale, che mai ci saremmo potuti aspettare.

Isolamento, privazioni, paura.

Una guerra. Forse il paragone può essere discutibile, anche per il rispetto dovuto a coloro che sono realmente sotto le bombe. La metafora però è pressoché inevitabile, anche involontariamente.

Certamente diverse sono le cause. La guerra è generata dai governi, si può evitare, una pandemia si può solo contenere. Non ci sono eserciti che si oppongono, nazioni in guerra, soldati contro soldati, vittime civili, ma i risultati sono molto simili: i bollettini quotidiani dei contagiati, come se fossero i feriti, dei deceduti, dei salvi, il coprifuoco generale, l’isolamento, la paura. La perdita della sicurezza e della libertà.

Vero è che il virus non ha fazione, non si schiera. Spara alla cieca.

Ci fornisce su un piatto d’oro l’opportunità di un’universalità mai vista prima. Forse appena sfiorata dopo l’ultima guerra mondiale con le dichiarazioni dei diritti universali, con le organizzazioni umanitarie finalmente planetarie, con l’organizzazione mondiale della sanità.

Adesso l’uomo, inteso come essere umano, concetto che contiene tutti indistintamente, si ripropone con forza come unico.

Pandemia: un concetto che facevo fatica ad immaginare quando studiavo igiene. Fino ad epidemia era comprensibile, pandemia suonava come l’invasione degli ultracorpi, o La guerra dei mondi di George Well. Apocalittico.

È arrivata, come se niente fosse, con una semplicità disarmante. Dal paziente zero alla moltitudine in un rapporto geometrico. Tutti ai domiciliari, “state a casa!”: il nuovo mantra che ci tormenta.

Uscire solo per l’indispensabile. Ma cosa è indispensabile? Aria, pane e acqua.

La piramide dei bisogni di Maslow: i bisogni primari sono enormi, stanno alla base di tutti gli altri. Sono i bisogni fisiologici: respiro, alimentazione, sonno, evacuazioni, sesso, omeostasi…fine.

Tutto il resto va accantonato, rimandato, sospeso perché salute e vita passano sopra a tutto.

Facendo la spesa rifletto su ciò che sto acquistando, devo uscire il meno possibile, devo essere certa di aver preso tutto l’indispensabile, solo l’indispensabile. Mi ritrovo ad aggiungere qualcosa che non è indispensabile, mescolato all’indispensabile…una birretta, qualcosa di sfizioso…l’antitarlo e lo sverniciatore per avere qualcosa da fare.

Il tempo passa, sono ormai settimane e l’isolamento inizia mettere in crisi. La sanità mentale inizia a vacillare. L’indispensabile non basta. È tutto il resto che grida aiuto.

La sicurezza vacilla…sto perdendo il lavoro, arriverà la cassa integrazione? Sarò licenziato? La ditta fallisce… sono un libero professionista…aiuto!!!

La salute in bilico. La convinzione illuministica che ha regnato negli ultimi secoli di avere tutto sotto controllo, che la medicina possa essere una scienza esatta, con il dottor Google che sostituisce i professionisti della sanità, progressivamente obsoleti. Sostituire un tutorial con la formazione, avvilendo insegnanti ed esperti. Ledonismo diffuso che snobba e insulta l’essenziale a favore dell’effimero. La conoscenza a favore dell’illusione.

L’appartenenza: dopo settimane di relazioni solo virtuali, come ci guarderemo, come ci abbracceremo dopo la pandemia? Ci sentiremo più uniti, più simili o prevarrà la paura?

La stima: servirò ancora a qualcosa dopo? Chi rappresento per la società…?

Infine l’autorealizzazione, ultima ma non ultima. La punta estrema della piramide, fondata sugli altri bisogni, che la sorreggono.

Ma adesso l’essenziale mi deve bastare, come in tempo di guerra. Come nei giorni di guerra, devo salvarmi la vita e preservare la vita di chi mi sta accanto. E questo mi dovrebbe bastare.

Così la piramide di Maslow si solidifica in un macigno in cui i bisogni fisiologici imperano a scapito di ciò che dà un senso alla vita: la libertà, lautodeterminazione, gli affetti. Ed è difficile farmelo bastare.

In questi ultimi giorni ho l’impressione che i divieti stiano allentando la presa. Vedo più persone fuori, la primavera esplode e la segregazione diventa sempre più dura da rispettare. Tante persone anziane. Che rabbia, che voglia di urlare, di denunciare!!! Io infermiera che ogni giorno sono costretta ad uscire, a mettermi in pericolo, e tu che puoi stare a casa esci, tu che sei il più a rischio!!! E io che dovrò rischiare la vita anche per te!!!

Rifletto e penso che il problema fondamentale, quello che muove a questi comportamenti sconsiderati sia proprio l’effimero. L’indispensabile non può bastare. Se non consideriamo questo non avremo mai completo successo. La piramide è un cubo. Dato per certo e sufficiente il soddisfacimento dei bisogni primari, l’umano si nutre di tutto il resto, senza il quale non vive.

Non vorrei essere fraintesa, questi comportamenti sono gravissimi e devono essere sanzionati. Sono tentativi di strage. I picnic nel parco, le spese seriali ed inutili, sono devastanti. Così ci vorrà molto più tempo a liberarci della pandemia e i morti aumentano. Le corsette, i giri in bicicletta, posso cadere, farmi male, dover accedere ad un pronto soccorso, avere bisogno della rianimazione, occupare un posto o non trovare un posto da occupare.

Tutto ciò è ripetuto da settimane: state a casa! Uscire solo per l’indispensabile!

Perché ciò avvenga credo che sia indispensabile però tenere conto che l’indispensabile è sempre meno sufficiente.

La comunicazione è strategica. Sufficientemente intimidatoria, ma che non generi panico, sufficientemente drastica, ma che lasci un margine di movimento altrettanto sufficientemente ampio per garantire l’essenziale. Che lasci sufficiente speranza, senza generare comportamenti inadeguati e rischiare di mollare proprio ora che siamo all’ultimo sprint.

La seconda ondata: stanchezza e forza di volontà ci stanno tirando come una fune.

Allora forza e avanti.

Se l’esperienza della pandemia ci sta travolgendo, credo che ci stia riportando ai fondamentali. Cosa è l’indispensabile? Siamo umani.

Garantire a tutti aria, acqua, pane, una casa… perché il virus sottolinea le diseguaglianze economiche e sociali.

Generare sicurezza nei comportamenti corretti, nel lavoro che si ritrova, magari con più senso. Potremmo iniziare una nuova era, superare la sola mercificazione del tempo e dare valore alle opere e alle competenze. Finalmente. Una nuova politica, una nuova scuola, una nuova città, una nuova ecologia della vita. Un balzo strepitoso indietro, indispensabile per prendere la rincorsa in avanti. La salute non potrà essere altro che comunitaria e si svilupperà tramite la sanità pubblica. L’individuo torna ad avere la consapevolezza di fare parte di una comunità, di cui occorre avere responsabilità, per ricevere altrettanta sicurezza.

L’appartenenza ad un universo unico dove tutti gli esseri hanno un senso, dove gli esseri umani si riconoscono come un valore unico, superando sesso, razza, appartenenza, credo, capacità, età e qualsiasi discriminazione ci venga in mente. Ritrovare il valore dell’altro in me stesso.

La stima reciproca di aver fatto un grande sacrificio, di aver salvato molte vite, di aver chiesto al vicino di casa, prima di uscire per fare la spesa se aveva bisogno di qualcosa, di essersi preoccupati della coppia di anziani o dell’anziano solo…

Di essersi resi conto di aver girato intorno a cose del tutto inutili per decenni. Di aver perso tempo prezioso in rabbia e frustrazione, spesso per fatti irrisori.

L’autorealizzazione verrà e sarà profonda: etica, accettazione, assenza di pregiudizi. Armonia.

State a casa perché siete esseri umani migliori. L’indispensabile è ovunque. Tutto tornerà anche meglio e più bello di prima.

“… È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa, che ha fatto la tua rosa così importante”.

“È il tempo che ho perduto per la mia rosa…”,

sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.

“Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare.

Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato.

Tu sei responsabile della tua rosa…”.

“Io sono responsabile della mia rosa…”,

ripeté il piccolo principe per ricordarselo.

da Il piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry, pubblicato il 06 Aprile 1943

Cristina Banchi,

Commissione Etica Ordine Infermieristico Firenze Pistoia

Open chat
Hai bisogno di informazioni?
Scan the code
Powered by weopera.it
Ciao
Come posso aiutarti?

Se non hai WhatsApp Web sul tuo PC, puoi scansionare il codice dal tuo Smartphone per metterti in contatto con noi.